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Onanista astemio

Tento di depennare dal mio calendario i giorni meno soavi. Mi trovo nel pieno del mio slancio vitale e spero di dare una forma celestiale alle incognite del mio futuro. Ho voglia di pettinare i capelli biondi di una valchiria toscana che da tempo immemore siede sul mio anelito più profondo. La poca lucentezza di certi periodi per me rappresenta un vizio cupo. L’ubriacone cronico baccheggia con il vino, io, l’onanista incallito, uso la masturbazione e dei pensieri volutamente malinconici al posto dei litri di alcol. Sono il migliore amico dell’etilometro e mi masturbo sotto la doccia con la stessa destrezza di un ninja. Ogni giorno la mia vista si affatica su una miriade di parole, ma raramente inquadra qualcosa che abbia un significato importante per il mio microcosmo. La mia volontà è protesa verso una serie di gesti dolci che hanno lo scopo di completare la mia vita e non di edulcorarla. L’inutile ampollosità con cui adorno queste righe stride con la volgare autoironia con la quale flagello il mio orgoglio, ovvero quella minoranza etnica del mio essere alla quale cerco di non dare troppa importanza. Non pretendo che l’avallo della logica trovi posto nella banalità di questa descrizione: luci soffuse, incenso spento, legna infuocata e discreta, tuoni e lampi, chioma aurea sopra il cashmere, finta timidezza, complicità licenziosa e sorsi analcolici. Voglo compiere nuovi movimenti con le mie falangi e desidero aprire scrigni immateriali per arricchirmi con qualcosa di incorruttibile.

Francesco

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