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Attesa al binario cinque

La stazione è un luogo cosmopolita in cui si incrociano storie e razze diverse. Questo luogo di transizione inghiotte povertà e opulenza, bassezza e nobiltà d’animo. Alle volte la curiosità e la disperazione costringono qualcuno a scoprire il contenuto del bagaglio di qualcun altro. File di infedeli attendono il corpo di Cristo in una tazzina: c’è chi lo preferisce macchiato e chi ristretto. Gente distratta masturba i distributori automatici affinché essi vomitino uno snack colorato. Donne nordafricane combattono la calura con ventagli appariscenti e mitomani mediorientali comprano schede telefoniche per lanciare falsi allarmi. La stazione è una passerella dove le divise sfilano assieme agli abiti casual e dove le manette sono il pezzo forte della bigiotteria. Suore e missionari portano croci al collo, mentre laici infelici portano croci sulle spalle e cappi alla gola nei pressi di un binario morto. Tra un arrivo e una partenza si avvicendano abusi, sorrisi, sevizie, contrattazioni, silenzi, sguardi diffidenti ed espressioni ingenue. Sopra i biglietti non è riportata la destinazione, ma solo l’ennesima fermata. Un vagone triste ricoperto da un bel wholecar attende il suo destino. Il grande orologio della stazione scandisce il tempo che viaggiatori sconosciuti perdono con lunghe attese. Gente che va, gente che viene e talvolta gente che decide di restare sotto una locomotiva. La ferrovia dei deragliamenti, dei ritardi e dei suicidi. Ci sono molti treni che viaggiano per i motivi più disparati, ma lo sanno anche a Madrid che un nuovo Italicus sta già macinando chilometri sulle rotaie.

Francesco

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