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Declino stabile

Ci sono ricordi mai vissuti che si fanno strada sotto la corteccia cerebrale. Un uomo senza una gamba è appoggiato al muro di una strada buia, suona il sax e attende l’ultimo autobus per raggiungere l’ultima fermata. Poco più in là, dentro una casa colma di trapunte ricamate a mano, una giovane donna sola si strafoga di barrette dietetiche. Conto i giorni che passano come un rapinatore conta le banconote all’interno di venti metri quadri. Odori nauseabondi violentano le narici. Un coro russo intona un orgoglioso motivetto sovietico e al contempo un branco di topi affamati assale una culla. Alcune candele accese illuminano le siringhe che si trovano nel sottopassaggio di una strada secondaria, i riflessi sugli aghi colpiscono le cornee degli astanti e richiamano l’attenzione delle gazzelle. Il pantano colleziona le orme dei disperati e offre l’ultimo alloggio alle carogne degli animali. I rovi e le erbacce circondano le case dei clandestini: nomadi sedentari provenienti dall’Europa dei poveri alimentano le proprie tradizioni. È un primo pomeriggio d’estate ricoperto dalle nubi; un vecchio matto recita un sermone davanti a uno stormo di corvi appollaiati sui cavi dell’alta tensione e attende inutilmente un loro plauso. Finti innamorati studiano strategie per dominare la propria relazione sentimentale. La lotteria delle malattie infettive continua senza sosta le sue estrazioni. Stracci impregnati con il sorriso di Mastro Lindo detergono le mattonelle del pronto soccorso mentre tutto tace nel frastuono.

Francesco

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