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Crociata interiore

Mi piacciono questi giorni d’aprile perché sono sudditi del mio relax. Spesso sono sereno. Ogni tanto qualche nube offusca le mie retine e io lascio che l’aerofagia del tempo la porti via, mentre, supino sulle praterie infernali con le mani dietro la nuca, mi godo i movimenti atmosferici. Ho ucciso l’importanza legata al ricordo di alcune persone, successivamente mi sono armato di pala e l’ho seppellita sopra una collina, vicino a una quercia morente. Durante le esequie ho recitato una preghiera universale, priva di legami con le religioni umane, in onore della mia vittima, poi ho voltato le spalle al sepolcro improvvisato e mi sono messo in cammino verso nuove contrade. Sono trascorsi mesi da quando ho decapitato l’importanza che avevo dato ad altri esseri umani e in tutto questo tempo non ho fatto altro che macinare chilometri chimerici e pulire con cura certosina la lama della mia katana. Non trovo gaudio negli addii romantici, non sono un fautore della banalità dell’idealizzazione e non mi accodo al sentimentalismo fine a sé stesso. Occorre riprendersi ciò che viene proiettato negli altri, quando gli altri vogliono impadronirsene. I rimpianti sono cavalieri neri armati di scure che devono essere abbattuti con fendenti decisi. La paura del passato tenta di regnare sui feudi delle emozioni e cerca di imprigionare la parte più profonda di ogni individuo all’interno delle segrete dei segreti più intimi. Alcune volte è indispensabile colpirsi per ferire la propria volontà vittimista e impedire che le legioni dell’orgoglio nocivo conquistino le roccaforti dell’empatia. I ricordi devono restare nella memoria, ma i loro effetti, pericolosi per il futuro, devono bruciare come streghe additate da Torquemada.

Francesco

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