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Il braccio teso del mio assassino

È buio. Sono in ginocchio sul pavimento e le mie mani sono legate dietro la schiena. La canna di una Smith & Wesson preme sulla mia nuca. Il mio assassino tace, tutto quello che riesco a udire è il suo respiro profondo. Perché non si decide a sparare? Fammi saltare il cranio figlio di puttana. Mi atteggio da duro, ma in realtà sudo freddo. Questo uomo, a me sconosciuto, sta per uccidermi. Tutto ciò che egli deve fare è aprirmi le porte dell’Ade con una chiave di piombo. Il mio assassino è un sadico, ma non gli darò la soddisfazione di assistere all’ultimo spettacolo del mio terrore. Mi dispiace uomo armato, ma i biglietti per l’ultima esibizione sono terminati. Forza, uccidimi. Non cambierà nulla, sarò solo un’unità in più nella statistica delle morti violente. Non spararmi alla nuca, sparami in faccia in modo che mia madre non possa riconoscermi nel giorno della mia morte così come mio padre non mi ha riconosciuto nel giorno della mia nascita. È prossimo il momento dello scoppio. Vedo i flashback della mia vita in bianco e nero. Riesco a vedere i sorrisi di quando avevo tre anni, allora mia madre era ancora bella e io ero ancora vivo. Non so perché questo killer antropomorfo abbia deciso di uccidermi e sinceramente non me ne frega un cazzo. Perché devo dare una ragione alla morte se non l’ho mai data alla vita. Non capisco perché non si decide a rendermi esanime. Fallo, ormai è tardi per tornare indietro. Ho paura e sono emozionato. Appena lui si deciderà avrò la risposta al mistero della morte, ammesso che esista una risposta. Già vedo il mio cantuccio all’obitorio e già sento il fottuto requiem. Quanto ci vuole? Non sento più pressione alla nuca, forse è cambiato tutto. Conterò fino a dieci e poi mi girerò. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove e dieci. Boom.

Francesco

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