Ieri sono andato a letto alle sette e mezzo di sera e mi sono svegliato alle due di notte. Non ho fatto nulla di particolare. In questo momento sono chiuso nella mia stanza e non so come intrattenermi. Alla mia destra c’è uno squarcio di cielo censurato dalla persiana della mia unica finestra e alla mia sinistra siede il mio vecchio amico muro, tacito e sornione. Un’altra settimana sta per concludersi senza che sia iniziato nulla di nuovo. Mi trovo sempre a contatto con il mio benessere alienante e continuo ad alimentare le mie giornate con cucchiaiate di apatia. Il mio tempo è intrappolato nell’assenza di concretezza. Credo che mi addormenterò alle otto di sera o forse un po’ prima. Mi piace dormire, ma il mio non è vero riposo perché nella mia vita non c’è fatica. Il mio sonno è un vizio dell’organismo e non un bisogno reale. Tra poco mi laverò i denti e lo farò lentamente, molto lentamente. Mi diverto a guardarmi allo specchio mentre combatto il tartaro con lo spazzolino a cui non ho mai dato un nome. Per me questo è un pomeriggio pachidermico e sereno, ma senza nulla che lo caratterizzi in modo particolare. Nulla procede e nulla s’interrompe. Vado a impugnare il tubetto di Colgate.
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