All’improvviso mi trovo tra le pareti di una chiesa gotica, per confondermi in mezzo agli altri avventori mi siedo sulla prima panca che adocchio e inizio a comportarmi con nonchalance. Mi guardo attorno cercando di non destare sospetti e mi accorgo di essere in presenza di un matrimonio. Alla mia destra siede una signora grassa che indossa un abito vistoso. Questa grossa palla di adipe femminile mangia dei biscotti al cocco e ne espelle le briciole dalle sue cavità orali con una risata stridula e continua. I suoi occhi minuscoli tradiscono i suoi veri sentimenti: all’interno dei suoi bulbi oculari si riflettono tempeste ormonali e risentimenti atavici. Volgo il capo a sinistra e noto che il sagrestano, zoppo e trasandato, percorre con passo sbilenco la via fino all’altare. La sposa non indossa il velo nuziale, ma una corona arrugginita con l’effigie di un teschio. Lo sposo è nudo e porta sul suo capo un elmetto delle SS. Il sacerdote benedice la coppia con una vistosa ritualità manuale e termina la breve liturgia sferrando un pugno a un chierichetto; la folla laica ride tra le correnti d’aria provocate dallo sventolìo dei ventagli, mentre il ragazzino rimane a terra agonizzante. Approfitto dell’ilare generale e scatto verso l’uscita. La chiesa si trova sopra una cascata e io cado dentro le acque di essa in attesa di farmi trascinare verso la prossima proiezione.
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