26
Apr

Lode senza laurea

Pubblicato mercoledì 26 Aprile 2017 alle 18:22 da Francesco

Quest’oggi sulle testate online di alcuni giornali ho letto degli articoli catastrofistici in merito al numero di laureati in Italia, tuttavia non credo che il titolo di studio in questione sia poi così importante e difatti neanche l’attuale ministro dell’istruzione (il maschile è voluto) ne dispone.
Le lauree non godono tutte del medesimo peso e ve ne sono certe piuttosto risibili che hanno come sbocco preminente quello del precariato. L’iter universitario comporta un investimento che non è sempre facile ammortizzare e immagino che taluni lo evitino di proposito benché siano intellettualmente attrezzati per affrontarlo. Tra i miei conoscenti ve ne sono diversi che hanno conseguito una triennale in tempi biblici e sono poi finiti a svolgere delle mansioni da cui altri loro coetanei, forti della sola terza media, già traggono reddito da svariati anni.
Non ho mai messo piede in un ateneo e il tempo mi ha dato ragione per questa scelta, difatti la laurea non ha più il valore di alcuni decenni fa poiché si è inflazionata e al contempo è cambiato il mondo, ma pare che quel pezzo di carta abbia conservato l’appeal borghese, come se fosse ancora un traguardo obbligatorio per una vita migliore. Col senno di poi a diciannove anni avrei dovuto tentare l’arruolamento nella Legione Straniera con la ferma minima di un lustro, ma al tramonto dell’adolescenza non mi rendevo conto che mi trovavo all’alba della vita.
Più volte mia madre mi ha implorato col cuore in mano di iscrivermi a una qualsiasi facoltà per coltivare dei rapporti sociali, ma a differenza di altri non sono mai stato attratto dalla vita delle metropoli e ho preferito rimanere laddove sono cresciuto. Forse se avessi frequentato un polo universitario avrei trovato una ragazza e sarei entrato in una cerchia di amicizie, ma se le cose fossero andate davvero così avrei finito per apprendere meno nozioni di quante me ne sono procurate da autodidatta e avrei poi scontato con un malessere esistenziale la pochezza di quelle vacue socializzazioni, senza per altro contare l’esborso economico che un simile scempio del mio tempo avrebbe richiesto.

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17
Mar

Il pezzo di carta

Pubblicato sabato 17 Marzo 2012 alle 13:11 da Francesco

Per un po’ di tempo ho valutato l’ipotesi d’iscrivermi all’università, ma alla fine ho deciso di non farmi un torto del genere. Gli atenei traboccano di autodidatti, ma pretendono un esborso di denaro e di tempo che è difficile ammortizzare in seguito. Col solo diploma e senza spintarelle, un mio coetaneo è arrivato a gestire il sistema informatico di un ospedale: ricordo ancora quando veniva a casa mia a smanettare con un vetusto Pentium. Un altro ragazzo di mia conoscenza invece possiede soltanto la licenza media, però ha coltivato la passione per l’informatica e per l’elettronica nella stanzetta di un palazzone e oggi fa valere il suo bagaglio di conoscenze in un lavoro che gli ha permesso di trasferirsi. Come ho sentito dire recentemente: “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. Qualcheduno ritiene che la frequentazione dell’università debba formare la persona prima che lo studente, ma sono giunto all’amara conclusione che spesso serva esclusivamente ad alimentare il mercimonio di una cultura fine a se stessa: stipendi e nepotismo. Quand’ero bambino il leit motiv non cambiava mai: “Dovete studiare per trovare un buon lavoro”. Educatori birbanti. Mi sarei voluto laureare in psicologia per poi potermi iscrivere ad una scuola psicoanalitica, ma nel mio caso il gioco non vale la candela. Qualcun altro in merito all’università pone l’accento sulle possibilità di stringere nuove conoscenze, come se la parte didattica fosse soltanto la scusa per parcheggiarsi in un postribolo: diamine, con tutti gli sforzi per mantenercisi allora sarebbe meglio aprirne uno proprio! Non si porrebbe questione alcuna se io avessi uno spessore esagerato, tale da garantirmi l’accesso a degli atenei statunitensi.
Non mi butto giù, e ci mancherebbe altro, bensì prendo atto dei limiti altrui e in modo particolare dei miei: annoto i primi mentre sui secondi pianto la tenda provvisoria di un campo base per un’altra scalata. Non cerco d’interpretare in senso assoluto la questione formativa, non mi faccio querulo, ma compio scelte che abbiano come fine ultimo il mio bene: il resto sia quel che sia.

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9
Ago

Considerazioni personali sul lavoro e lo studio

Pubblicato sabato 9 Agosto 2008 alle 22:29 da Francesco

La mia carriera scolastica è terminata con il conseguimento del diploma. Dopo la maturità non ho avuto l’integrità testicolare per sopportare un altro quinquennio di lezioni. È facile paragonare il sistema scolastico dell’Italia a una fogna di Calcutta, ma ci sono anche dei docenti che lavorano con una serietà eroica e sono certo che ne avrei incontrato qualcuno se avessi frequentato un ateneo. Talvolta ho l’impressione che per certi individui la laurea sia uno status symbol come può esserlo una Lamborghini per i loro coetanei più materialisti. Non c’è una facoltà universitaria che mi attiri e preferirei soggiornare sotto i ponti piuttosto che transitare nuovamente lungo un percorso di studi. A scuola non ho mai ricevuto grandi voti e la mia capacità di apprendimento era tutt’altro che stupefacente, ma penso che anche la pigrizia sia stata una causa del mio scarso rendimento. Non mi è mai interessato acquisire nozioni che fossero funzionali per un impiego futuro e un domani sarò ben lieto di lavare i piatti di coloro che hanno compiuto una scelta diversa dalla mia. Non sono adatto ai lavori cervellotici e come ho già scritto in passato mi piacerebbe scaricare i camion o fare qualcosa di simile per unire il diletto dell’attività fisica all’utilità di una retribuzione. Ho lavorato per un’estate con un amico di famiglia. Il tizio in questione aveva una discoteca e la mattina io e un mio conoscente lo aiutavamo a sistemare la parte esterna del locale. Mi piaceva pulire in terra, spostare le cose e raccattare le foglie. All’epoca ero un ragazzino indisciplinato di sedici anni e mia madre mi aveva trovato quel lavoro per farmi passare l’idea di abbandonare la scuola, ma quel deterrente alla fine si è rivelato uno stimolo. Ho abbastanza umiltà per essere il sottoposto di qualcuno più giovane di me e non pretendo nulla che si trovi al di là delle mie capacità. Non posso sapere come sarà il mio futuro e non ho voglia di interpellare un veggente televisivo per avvantaggiarmi sul tempo, ma non ho nulla di cui temere e anche se non so cosa fare nella vita so che questo interrogativo non mi turba affatto. In realtà queste righe un po’ ironiche e un po’ intimiste sono una scusa per appuntare le gesta di uno studente russo che stimo dal profondo del cuore: costui è grandioso. Semplicemente grandioso.

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21
Gen

Torbidume et Orbi: sporcizia politica e cecità cattolica

Pubblicato lunedì 21 Gennaio 2008 alle 07:29 da Francesco

La scorsa settimana sono avvenuti due fatti piacevoli. In primis la moglie di Clemente Mastella è stata arrestata e questo provvedimento ha regalato agli italiani le dimissioni del ministro della Giustizia, ma immagino che nei vertici delle organizzazioni criminali la notizia sia stata appresa con dispiacere. La questione papale è il secondo avvenimento che mi ha sollazzato negli ultimi giorni e voglio rivolgere un plauso alla frangia realmente laica de “La Sapienza” che è riuscita a respingere l’ennesima ingerenza del Vaticano nella vita pubblica della nazione. I media non criticano mai l’operato del Vaticano dato che sono asserviti alla casta sacerdotale e anche in questa occasione hanno dimostrato d’essere soltanto una cassa di risonanza per i comunicati della Santa Sede. L’Italia è un paese laico solamente sulla carta e buona parte della classe politica non agisce per il bene comune, ma si adopera per ottemperare a una dottrina anacronistica che spesso coincide con gli interessi di poche persone. Il cattolicesimo italiano amplifica i poteri della gerontocrazia e consente una suddivisione oligarchica dei poteri che spesso evoca i principi della democrazia per tutelarsi di fronte all’opinione pubblica. In realtà i principi democratici sono una scusa per consentire alla teocrazia cattolica di non mostrare palesemente il suo dominio in questa nazione. Per il Vaticano è un bene che il Papa non sia andato all’università “La Sapienza” poiché in questo modo è riuscito a catalizzare l’attenzione sull’ex nazista di Ratzinger più di quanto avrebbe potuto fare con una semplice visita e credo che vada riconosciuto alla Chiesa il merito di possedere un’ottima strategia di marketing. L’ennesima querelle tra “fede” e ragione ha trovato un po’ di spazio sulla stampa estera, ma non è stata tratta nella misura in cui l’informazione italiana le ha dato risalto. Rinnovo il mio attestato di stima nei confronti degli studenti e dei professori che hanno difeso una posizione laica piuttosto diffusa che spesso viene bandita dalle televisioni e dalle radio. Il giorno in cui l’Italia riuscirà ad affrancarsi dalla religione e dalla criminalità organizzata tornerà allo splendore che l’ha resa celebre grazie al patrimonio culturale che ha prodotto prima dell’unificazione del 1861.

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