22
Mar

Impugnando il rasoio di Occam

Pubblicato martedì 22 Marzo 2011 alle 18:45 da Francesco

Di tanto in tanto, quando ero piccolo, udivo i discorsi esistenzialistici degli adulti e ogni volta mi ripromettevo che da grande non mi sarei mai perso in quelle stronzate. A distanza di anni credo di essere riuscito nel mio intento. Appaio insensibile perché non adotto né nutro angosce che di fatto non mi appartengono. Ad alcune persone risulta difficile fare quadrato attorno alle proprie vite senza disporre di almeno un lato tragico. Se fossi un estraneo farei notare a me stesso che una volta incontrati Euripide e Sofocle è difficile tornare indietro, ma possono bastare una fiction mielosa o quattro accordi orecchiabili per sortire gli stessi effetti su individui che militino presso altri livelli d’istruzione. La cultura può cambiare certe forme, ma credo che soltanto l’intelligenza possa divellerle e quest’ultima troppo spesso viene confusa con la prima benché riconosca che tra le due talvolta possa esserci un legame molto stretto.
Il vittimismo fa la fortuna dei falegnami, infatti c’è sempre qualcuno che vuole illudersi di portare una croce unica e inimitabile sulle proprie spalle. Credo che l’autocommiserazione talvolta possa costituire uno strumento utile, specialmente quando uno si trovi alle prime armi con se stesso e non abbia a disposizione quei mezzi che l’esperienza elargisce in seguito a chiunque sia ben disposto verso di lei, perciò considero il vittimismo come un errore di gioventù che al fine di essere propedeutico (questo è il paradosso che io ho rilevato) non deve ripetersi né ammaliare. A me non interessa stabilire verità o avere riscontri oggettivi da esibire per vanità intellettuale. Mi occupo di me e non ho bisogno di colonizzare il pensiero altrui per sentirmi vivo. Sono aperto al bene, anche di notte e durante i giorni festivi, però non lo faccio entrare quando si presenta con il male di qualcun altro. Non nuoccio mai a nessuno a meno che non debba difendermi.
In altri continenti ho provato scariche di libertà che poi ho saputo accogliere nuovamente nella mia terra natia. La malinconia brucia nell’atmosfera del mio cuore intonso e di conseguenza le è impossibile atterrare o atterrirmi. Potrei anche deglutire cucchiaiate di sconfitte e delusioni per il resto della mia esistenza, ma questa sciagurata ipotesi comunque non cambierebbe un cazzo. Nelle mie parole non si trova il senso del sacrificio né la ricerca dello stoicismo, vezzi eroici che devono essere conservati in una dose di ingenuità largamente maggiore rispetto a quella di cui io dispongo nelle mie peraltro già scarse riserve. Questo pianeta senza il genere umano forse avrebbe un aspetto migliore (almeno per i canoni umani, che però in questo caso risulterebbero assenti), ma per quanto sgradito, io non mi sento un ospite in colpa e mi mantengo sereno.

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24
Feb

Tra cielo e mare

Pubblicato giovedì 24 Febbraio 2011 alle 14:04 da Francesco

La tramontana non accarezza, bensì scartavetra i sensi e spira senza posa. Le distanze creano illusioni ottiche. L’orizzonte pare sempre così netto e irraggiungibile al punto che si maschera facilmente con l’idea d’infinito e altrettanto semplicemente tende a tingersi d’eternità per occhi perituri, in un pianeta perituro. Le espressioni più maestose e terse degli elementi mi inducono spesso a carezzare la mia transitorietà. Oggi sono così, domani forse lo sarò di nuovo, però un giorno non lo sarò più e infine non sarò più. Queste paroline non vanno trascritte sul registro dei morti perché brillano di luce propria, ma ci sarà sempre qualcuno che vi proietterà le sue ombre e me le attribuirà. Malgrado piccole grane, cose di poco conto, la mia vita procede bene.

Mi sto riappropriando dello smalto che ho perso in Giappone. Provo buone sensazioni e ogni giorno mi sento meglio. Prima o poi forse avrò il dispiacere di provare uno strappo all’inguine a causa degli esercizi di estensione a cui mi dedico per vincere la sfida dello yeop chagi. Assumere quella posizione non è affatto facile e ogni volta che ci provo ne ricavo fitte intense. Forse non mi sto allenando nel modo corretto per raggiungere l’obiettivo, però non ho a disposizione un maestro di taekwondo a cui chiedere delucidazioni. Cercherò di documentarmi maggiormente a riguardo della disciplina dalla quale voglio attingere, seppur limitatamente a ciò che mi occorre.
I falsi allarmi di primavera m’invitano a leggere in luoghi ameni e io di rado disattendo queste convocazioni. Gli scampoli dell’inverno assomigliano agli scolari durante gli ultimi giorni di scuola. Tempo al tempo, presto tornerò come prima e mi supererò: i miei orizzonti sono tangibili.

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11
Nov

Grazia novembrina

Pubblicato giovedì 11 Novembre 2010 alle 16:30 da Francesco

Adoro la mia percezione del tempo e mi domando se anch’essa sia destinata a cambiare prima o poi. Mi piacciono i colori autunnali, però a tempo debito mi auguro di rivedere i ciliegi in fiore. Attorno a me c’è molta terra bruciata perché ardo d’amor proprio senza scottarmi. Soffio sopra i fuochi fatui per accelerarne la scomparsa e ogni tanto mi attardo su questioni di poco conto per incazzarmi inutilmente, però la contentezza caratterizza buona parte delle mie giornate e non ho proprio nulla di cui lamentarmi con me stesso. Devo dare fondo alle riserve di fantasia poiché non posso avvalermi dell’ispirazione che potrei attingere copiosamente dalla malinconia e dalle imitazioni di quest’ultima se fossi ancora in grado d’abbracciarle in modo autentico.
A taluni piacciono i drammi e qualche volta cercano d’instillare un tocco tragico nelle proprie vite per renderle più appetibili. Il Sole non gira attorno alla Terra e quest’ultima non ruota attorno ai problemi immaginari che spesso vengono impiegati nel ramo del disfattismo, lo stesso al quale gli imprenditori dell’autodistruzione s’impiccherebbero immediatamente se fossero afflitti da pesi veramente insostenibili. Già varie versioni di “Ippolito incoronato” sono state scritte e almeno io mi avvalgo della facoltà di non rompermi i coglioni a redigerne l’ennesima rivisitazione moderna. D’altronde parecchie paturnie nascono e si moltiplicano dalle mancanze affettive o da rapporti conflittuali. Io appaio freddo, atarassico o addirittura arrendevole per il modo nel quale intendo i sentimenti, ma in realtà nel giudizio altrui talvolta vengo punito per l’assenza di struggimento nelle mie considerazioni. La croce non la porto al collo né sulla groppa: non ne sono munito, dio cane. Le emozioni sono polimorfe, la stupidità invece è quadratissima e ogni tanto preferisco la seconda alle prime, in particolare ogniqualvolta sorga in me la voglia o il bisogno d’accomodare velocemente la leggerezza passeggera dei pensieri. In me le assenze del malessere sono del tutto giustificate e non c’è bisogno alcuno che si presentino accompagnate dalle riflessioni cupe.

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1
Ott

Intrinsecamente

Pubblicato venerdì 1 Ottobre 2010 alle 00:30 da Francesco

Ancor oggi l’amabile Gea osserva e ospita le corse chilometriche di cui il mio corpo oramai non osa più chiedermi conto. Sulla mia tavola abbonda la pasta integrale di  farro, ma non devo mai preoccuparmi di prepararne più d’un piatto. Ottobre per me non è un mese d’ottenebramento e ritengo intatto il potenziale di ogni giornata che sia possibile annoverare tra le fila dell’autunno o fra quelle dell’inverno. Mi diletto ancora a tracciare degli ideogrammi su un quadernetto per allenare la memoria e stimolare la curiosità, ma non cerco di penetrare nella lingua giapponese più di quanto riesca a fare attraverso i miei sforzi incostanti. Sono molto contento del tempo che trascorro assieme a me, però spero di non diventarne troppo geloso.  Oltre a un certo equilibrio interiore, posso anche usufruire delle tranquillità in cui versa al momento la zona geografica in cui risiedo e questi privilegi, per taluni scontati, tutt’oggi restano utopie ad alcune centinaia di chilometri a sud della mia regione. Io vivo quieto mentre l’esasperazione si prepara ad armare la gente onesta e qualora dovesse riuscirci io seguirò senza stupore i moti violenti. Sono pronto ad andarmene lontano al primo segnale d’instabilità della mia nazione e già posso immaginare le parole di commiato: “Amata patria, mai t’ho amato”.
Tra i miei pensieri, contro ogni aspettativa, ricorre ancora Ipazia di Alessandria e avverto un lieve disagio perché al desiderio di parlarle si contrappone la necessità di non farlo. Se io negassi questo conflitto d’intenti peccherei di rigore nei miei confronti. Le riconosco il merito involontario d’aver smosso il mio interesse dopo anni di staticità e mi piacerebbe incolparla del silenzio che ci siamo imposti se la realtà dei fatti mi consentisse di farlo. Vorrei conoscere i suoi recessi e mi piacerebbe indagare le promettenti avanguardie d’affinità che adesso sono trincerate nel mio manicheismo. Evidentemente vive anche in me e gode di buona salute quel bisogno congenito di complementarietà e mutue attenzioni, tuttavia non pretende più di quanto io abbia e placido accetta la sua nullatenenza. Ai piedi di queste righe resta ancora una volta un fiore di ninfea con il suo significato mitologico. Contento e incompleto saluto il nuovo mese con lo sventolio di una contraddizione piacevole.

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23
Dic

Panegirico abituale

Pubblicato martedì 23 Dicembre 2008 alle 20:06 da Francesco

Non festeggio il Natale e non faccio regali, però acquisto doni per me stesso e anche quest’anno ho deciso di comprarmi qualche disco per ampliare la mia collezione. Di solito mi procuro le copie originali di alcuni dischi che in un primo tempo scarico dalle reti peer-to-peer e di cui in seguito vaglio l’acquisto: credo che l’arte vada rimunerata quando sia possibile farlo. Mi sembra che la temperatura non sia scesa molto dalle mie parti. Giro in maniche corte anche d’inverno e ogni tanto qualcuno mi osserva con perplessità. Durante il mio viaggio in Giappone ho indossato il giubbotto per l’ultima volta, ma nella mia patria natia sono tre anni che non lo porto e tutt’al più mi metto una felpa. Riesco a tollerare abbastanza bene il freddo moderato della mia zona, tuttavia devo ammettere che le mie mani subiscono maggiormente il clima invernale rispetto alle altri parti del corpo. Non ho progetti per il nuovo anno. Considero gli ultimi trecentosessantacinque giorni piuttosto buoni e non mi auguro nulla di speciale per i prossimi dodici mesi. Non desidero niente di particolare. Suppongo che continuerò a spendere il mio tempo libero in tutte quelle attività che hanno coltivato in me una serenità spontanea. I progressi che mi attendono non sono deputati a colmare le mie lacune, ma produrranno un arricchimento interiore che difficilmente potrò considerare fondamentale. Se stessi giocando una mano di poker direi senza bluffare: “Servito”. La mia esperienza mi ha insegnato a non dare credito a chi tenti di parlare della vita in modo oggettivo e per questa ragione ho evitato due delle più grandi disgrazie che avrebbero potuto colpirmi, ovvero la disponibilità ad accettare gli insegnamenti fallaci di qualcuno e la pretesa ignobile e ingannevole di insegnare a mia volta qualcosa ad altre persone. Io non credo che per imparare da sé stessi occorra imprimere le proprie idee nell’approvazione esterna e scorgo una forte insicurezza o un’intenzione truffaldina in chiunque si reputi in grado di indicare a qualcun altro il modo in cui vivere. A me pare che molte cose siano più semplici di quanto vengano descritte da coloro che vogliono trascinare i loro simili nella tristezza e nelle difficoltà per non sentirsi soli negli stati depressivi. Capisco che il vuoto possa sembrare terrificante e so che in alcuni giorni il passaggio del tempo possa risultare quasi intollerabile, ma tutto ciò non giustifica l’inquinamento morale che si snoda dai discorsi subdoli di chi è prigioniero di sé. Penso che sia difficile dare il giusto peso alle parole degli altri e io ritengo che per quanto possibile sia meglio non darne alcuno. Le difficoltà artefatte non esercitano alcuna attrattiva su di me.

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