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Sul treno per Taoyuan, sull’autobus per Taipei

Pubblicato mercoledì 24 Marzo 2010 alle 14:47 da Francesco

Due giorni fa mi sono recato in treno a Taoyuan, a ovest di Taipei. Ho trascorso il viaggio a parlare con un taiwanese di ottantadue anni che stava lasciando la capitale per raggiungere Kaohshiung, a sud dell’isola. Questo signore mi ha dato qualche consiglio e mi raccontato un po’ dei suoi viaggi: in uno di questi egli ha toccato anche l’Italia, precisamente Roma e Milano. Mi ha sorpreso la vitalità che ancora prorompeva dai gesti e dal tono dell’uomo anziano. Persone di questo genere rafforzano in me l’idea che l’invecchiamento non sia soltanto un declino biologico, bensì un’arte.

Ho girato le strade di Taoyuan senza una meta precisa, ma sotto un sole irremovibile. Mi sono trovato più volte tra i mercati: sulle bancarelle giacevano merci d’ogni tipo e più volte mi sono chiesto se alcune fossero davvero vendibili. La struttura urbana non mi ha colpito benché tenda meno alla verticalità rispetto alla capitale. Lungo il cammino mi sono trovato davanti a un numero indefinito di piccoli templi in ognuno dei quali ho sentito l’odore dell’incenso bruciato. Non ho assistito ad alcuna cerimonia, ma ho visto per caso dei semplici atti di devozione da parte di qualche passante.

Per tornare a Taipei ho preso un autobus, ma ho faticato un po’ a farmi comprendere dall’autista. Alla fine sono riuscito a scavalcare la barriera linguistica grazie a una ragazza che mi ha fatto da interprete. Il viaggio di ritorno l’ho trascorso a discorrere con costei e durante la nostra conversazione lei mi ha parlato di “Into The Wild”, un bel film che ho visto per la prima volta durante il volo per Hong Kong. Avrei voluto invitare la giovane taiwanese a mangiare qualcosa per ringraziarla dell’aiuto che mi aveva dato, ma a un certo punto mi sono detto: “Che cazzo hai intenzione di fare?”. Non ho mai invitato nessuna ragazza a uscire e non mi è sembrato il caso dei farlo per la prima volta a quasi diecimila chilometri di distanza dalla mia cameretta, tuttavia avrei voluto davvero che ella comprendesse la mia riconoscenza: pazienza. Nei giorni seguenti, ripensando a quest’ultimo aneddoto, ho intuito che probabilmente non avrò mai relazioni affettive, ma d’altronde sono così abituato a stare da solo che l’idea suddetta non mi spaventa affatto. Oltre alle prospettive future ho trovato anche i prodotti della Kinder in mandarino, come si può evincere dall’immagine sottostante.

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