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Set

Mala tempora currunt sed peiora parantur

Pubblicato mercoledì 2 Settembre 2020 alle 17:24 da Francesco

Di recente mi sono trovato a parlare vis-à-vis con una “giornalista” straniera, ma il risultato non è stato dei più edificanti. Minchia, se costei può fregiarsi di quel titolo io mi sento in grado di assumere la direzione di Le Monde.
È una di quelle subdole creature che dietro le già deprecabili apparenze del mondialismo perora la rivalsa della sua etnia. Il razzismo non è prerogativa dei bianchi, ma è “patrimonio” comune degli esseri umani e la crudele prova di ciò si trova nelle reciproche intolleranze che si possono trovare alle latitudini più disparate, nella storia delle civiltà e in quei conflitti ancora vivi che spesso non interessano molto l’Occidente.
Le ho fatto presente come il multiculturalismo stia fallendo ovunque e vi sia un antisemitismo di ritorno d’impronta islamica, specialmente in Francia, cloaca europea da cui alcuni ebrei transalpini se ne sono andati per trasferirsi in Israele su invito dello stesso governo di Netanyahu, ma a suo parere si tratta dell’effetto di paure infondate. Eh già, davvero inspiegabili alla luce degli attentati dell’ultimo lustro.
Poi le ho ricordato come nella civilissima Svezia i flussi migratori abbiano creato delle zone dove de facto vige la Shar’iah e nelle quali gli autoctoni sono stati abbandonati dal loro governo, con un incremento dell’insicurezza e un picco delle violenze sessuali.
L’ho invitata a controllare le statistiche della criminalità di Londra e ciò che viene fatto ai bianchi in Sudafrica, ove non di rado alcuni buontemponi s’introducono nottetempo nelle fattorie isolate per dare sfogo ai loro istinti più bestiali, ma la frequenza e l’efferatezza di quei casi non attecchisce sulla stampa quanto la morte di qualche criminale a cui viene data la patente di martire in virtù della sua melanina.
Poiché anche lei è stata in Giappone le ho chiesto se il Sol Levante potrebbe conservare il suo grado di sicurezza qualora accettasse grandi flussi migratori e le ho fatto l’esempio di Tokyo, una megalopoli in cui si può girare a qualsiasi ora del giorno e della notte senza temere alcunché.
Alla domanda retorica di cui sopra ne ho fatta seguire un’altra: “Come mai nazioni come la Polonia e l’Ungheria non vogliono arricchirsi culturalmente per mezzo di cotali meraviglie? Sai che non me lo spiego?”.
Le ho esposto le ovvie ragioni per cui la classe media statunitense ha votato per Trump e le ho suggerito quantomeno di dubitare che quel pacifico movimento chiamato BLM (burn, loot and murder) rappresenti l’intera comunità afroamericana; inoltre le ho fatto presente come una delle fondatrici di quella sigla (tale Yusra Khogali) sia altrettanto razzista quanto coloro contro cui dice di combattere poiché ebbe a definire così i bianchi: “White people are recessive genetic defects. This is factual“. L’invito è sempre quello di controllare motu proprio tali affermazioni.
Ah, poi siccome indossavo una maglietta di lode a Rodrigo Duterte le ho ricordato come prima da sindaco di Davao e poi da presidente delle Filippine egli abbia inflitto duri colpi al crimine con mezzi poco ortodossi, ma forse dal suo punto di vista è meglio avere tossici pericolosi e molesti in giro per le strade perché tanto contano solo le apparenze del cosiddetto stato di diritto, con buona pace di chi viene vessato dalla feccia e non ha modo di difendersi. Potrei aggiungere qualche parola sul Myanmar e su come l’Occidente abbia cambiato opinione in merito ad Aung San Suu Kyi, rea di proteggere il suo popolo, ma credo che questo mio trascurabile scritto sia già fin troppo lungo.
Mi sono scordato di invitarla a dare un’occhiata a com’era New York con la tolleranza zero di Rudolph Giuliani e cos’è invece oggi sotto l’inetta guida di Bill de Blasio, ma spero di tornare sull’argomento quando l’esasperazione della maggioranza silenziosa porterà alla nascita del Quarto Reich.

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20
Dic

Prego Aphosis, si accomodi

Pubblicato martedì 20 Dicembre 2011 alle 18:35 da Francesco

Le primavere arabe ormai sembrano vecchi autunni. Altrove un intero popolo veste a lutto per il caro leader, ma quell’isteria collettiva ai miei occhi non differisce in nulla dalla riverenza di cui gode il clero nel prospero Occidente. La mano di qualche razzista viene armata da frustrazioni che non dipendono affatto dalla quantità di melanina di terzi né dai passaporti del terzo mondo. Piccole ingiustizie rimbombano, altre invece sono costrette al voto di silenzio perché non hanno mercato elettorale. Il garantismo si fa coglioneria e così permette a qualche sedicente liberale di farsi le seghe con le convinzioni che ne alimentano l’identità politica. Tutti hanno la ricetta, però presenta sempre un retrogusto di curaro. La storia non propone mai nulla di nuovo, si ripete e viene ripetuta benché gli errori cambino costume ad ogni giro di valzer. Affezionati a questo via vai di cadaveri e neonati, io ci sborro sul mondo che taluni si auspicano. Preferirei che un giorno il Corriere della Sera titolasse pressappoco così: “La fine dell’umanità: l’impatto con Aphosis è imminente. Il meteorite ci colpirà tra una settimana”.
Fatte eccezione per la morte, è del tutto scontato sottolineare come su questo pianeta (senza scomodare l’universo, occupato com’è a detonare supernove) regni l’incertezza anche dentro le casseforti. Io non cerco di differenziarmi da nulla e non mi servono confronti, ma penso soltanto a coltivare la mia forma mentis poiché costituisce l’unico bene inalienabile. Chissà come morirò. Mi sono immaginato varie volte con la faccia dentro una pozza di fango; accasciato a terra dopo un collasso improvviso durante una delle mie corse. Quella descritta sarebbe una dipartita epica e avrebbe un certo stile, ma questo ragazzo calpesta l’erba cattiva, sua sorella naturale e in un tempo di crisi come questo vuole vendere la pelle a caro prezzo. See ya out there.

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5
Nov

The land of opportunity

Pubblicato mercoledì 5 Novembre 2008 alle 22:16 da Francesco

La scorsa notte ho fatto la spola tra Sky TG 24 e la CNN per seguire l’ascesa di Barack Obama. Le elezioni statunitensi non hanno riservato sorprese, ma a mio avviso hanno suggellato un cambiamento inevitabile nel clima internazionale. Non sono interessato all’aspetto politico di questo evento, ma ne apprezzo la forma mediatica. Gli analisti politici sono una razza molto prolifica e tra questi annovero anche coloro che si illudono di esserlo. Non so cosa faranno Barack Obama e il suo staff, tuttavia che gli Stati Uniti e il mondo traggano beneficio da questa elezione o che scoppi un nuovo conflitto mondiale, a me fa piacere che un negro vesta i panni dell’uomo più potente del mondo. Qualcuno userebbe termini come “afroamericano”, “nero” o “di colore” per indicare il neopresidente, ma io trovo che soltanto il primo di questi termini sia corretto quanto quello che ho utilizzato poc’anzi. Il termine “nero” è adoperato per edulcorare la parola “negro” che talvolta in italiano assume un valore dispregiativo, però non ho mai gradito questo compromesso pro forma e ho utilizzato sempre il secondo vocabolo nonostante generi accuse di razzismo. Sono un filoamericano perché apprezzo molti aspetti che appartengono alle contraddizioni statunitensi e non ho mai provato avversione nei confronti del braccio armato di Washington che in parte si estende anche in Italia, ma allo stesso tempo ho sempre ritenuto ridicole le espressioni maccartiste di qualche yankee esaltato. Non cerco l’oggettività al di fuori dell’introspezione poiché non ho i mezzi per dar corpo a delle affermazioni assolute e non mi stancherò mai di sottolineare questa mia prudenza valutativa, ma credo che una superpotenza non consegua un tale titolo soltanto per i suoi meriti bellici.

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1
Nov

Lievemente criptico

Pubblicato sabato 1 Novembre 2008 alle 23:36 da Francesco

Si parla di parlarne, ma non serve a granché se non a sgranchire la lingua tramite la fonazione. Un grillo mi comunica che qualcuno ha fatto qualcosa a qualcun altro, ma io non presto orecchio alle cronache degli analfabeti e mi domando dove sia finito l’insetticida. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, perciò è normale che talvolta uno si senta gasato come un ebreo d’altri tempi. Qualche word play lede il politically correct secondo i futuri diplomatici che annacquano la loro lingua con gocce d’oltreoceano. I cacciatori di taglie cercano novità tra le forme XL, ma sanno che presto dovranno cambiare mestiere. Le donne non si toccano neanche con un fiore e io non l’ho mai sfiorata una neanche con le dita, ma pare che alcune di loro apprezzino gli alcaloidi dei papaveri. Il tempo passa e qualcuno lo investe sopra strisce psicotrope: la mia speranza è che gli venga ritirata la patente e la licenza di vivere. Le leccate di culo mantengono il clima umido. Le opinioni valgono in base alla popolarità di chi le sostiene e alla luce di questo non si può turbare il sonno della ragione: signora, lei quante ne vuole? Mio figlio è laureato. Mio figlio è sposato. Mio figlio lavora in quel posto. Sua figlia, invece? Lei ha figliato. Futuro interlocutore, tu che sta al di là delle previsioni, mi chiederai cosa ne penso e io ti risponderò con un congiuntivo e qualche aggettivo ricercato. Non va mai bene un cazzo. I ragazzi fanno un gioco di squadra, ma gli squadristi non sono ammessi: milord, questo è razzismo. Lettere di raccomandazione e lettere di disperazione: “Caro Gastone, io le scrivo perché un brav’uomo non arriva alla fine del mese, ma per la droga di Stato ha sempre qualche lira da spendere”. Che si faccia appello alla natura affinché aumenti l’altezza media per consentire alle persone di vivere al di sopra delle loro possibilità. Il cartello all’ingresso era abbastanza chiaro: “Non si può entrare tutti sul podio”. Chi sta sopra le righe finisce nelle liste di prescrizione che vengono redatte da schiavi autoctoni, ma differenti livelli di ironia e indifferenza si occupano di queste inezie con una pulizia etnica degna del feldmaresciallo Mastro Lindo. Le colpe sono sempre degli altri e si scarica il barile per solidarietà: mal comune mezzo gaudio. Siano maledette le mie mani per i refusi che producono e siano perdonate per le correzioni che apportano: Muzio Scevola non avrebbe potuto dire altrettanto. Per me un dio antropomorfo è un dio bastardo e allora che ogni simulacro si goda questo epiteto. Voglio chiamare le cose con il loro nome e voglio scrivere ogni nome come è stato scritto in origine. Amen mon ami, se mi si consente il francesismo. Le lettere fuggiasche devono essere rintracciate e rimpatriate: il loro surplus deve essere eliminato per evitare una catastrofe malthusiana.

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