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Nov

Zona rossa e incolore

Pubblicato domenica 15 Novembre 2020 alle 17:04 da Francesco

Tace tutt’attorno l’urbe e nei suoi punti nevralgici; polso debole, coma vigile: gli uni sono sedati e gli altri pure. L’attuale realtà è velata d’un silenzio imperfetto ma egemone di cui al contempo apprezzo il dominio e disistimo le cause formali. Un lieve vento di cui ignoro la provenienza allieta questa domenica vermiglia, però non mi suggerisce nulla di nuovo poiché quest’oggi neanche il Sole, come sempre d’altro canto, illumina qualcosa d’inedito.
Assorto nei miei pensamenti e nei piccoli svaghi, mi staglio su una prospettiva indefinita e non riesco a proiettare forme sul futuro che possano definire le linee abbozzate di un qualsivoglia orizzonte. Hic et nunc non c’è un ponte radio con l’avvenire, non sono in grado di prevedere gli incroci che mi attendono né se effettivamente più in là ve ne siano, però sono pervaso da una coriacea serenità la quale, al momento, non risente delle piccole ammaccature di cui gli agenti atmosferici e gli eventi umani sanno essere cagione.
Non sono votato ad altra ricerca che non sia quella interiore, ma essa però si ripercuote al di fuori del suo campo d’indagine e forse è anche attraverso un tale sconfinamento, per mezzo dell’eterogenesi dei fini, che questa trova un parziale compimento sulla scorta del quale il processo si rinnova nei suoi limiti ultimi e si configura dunque come interminabile per sua stessa natura. Nella perenne ecatombe di senso io non cerco la resurrezione di ciò che forse non ha mai avuto sostanza né essenza, bensì mi limito a passeggiare sulle fosse comuni di frasi che furono e di cui il tempo non serba né i resti semantici né i segni d’interpunzione. Non ho stretto promesse perché non è mio costume usare violenza verso terzi e dunque lascio ad altri l’onere di soffocare gli impegni presi nelle loro puntuali inadempienze. Saluto i controsensi perché spesso viaggiano in direzione contraria alla mia, ma talora c’incolonniamo a mio detrimento.

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6
Mag

L’incertezza è immanente

Pubblicato mercoledì 6 Maggio 2020 alle 23:48 da Francesco

Mi chiedo se gli inizi di maggio costituiscano il principio di una fine  o la fine di un principio, ma come al solito il compito di rispondere a un simile interrogativo spetta al tempo: è la sua prerogativa cronologica. Provo a immaginare dove mi troverò tra un anno: forse resterò al mio posto, qualunque esso sia, o può darsi che gli eventi mi portino lontano da casa o addirittura fuori dal corpo. Al netto della gravità, mi sento sospeso tra cielo e terra.
Non ho progetti per l’avvenire, non voglio farne e non ne sento la mancanza. L’incertezza regna sovrana ovunque, è immanente a ogni livello, ma si tratta di un dominio che normalmente estende i suoi confini sottotraccia e di cui taluni si avvedono soltanto nei casi d’improvviso parossismo. Non so dove andare a sbattere la testa, ma anche se lo sapessi eviterei di farlo perché non amo le contusioni. La mia libertà è un fanale rotto che posso aggiustare in qualunque momento, ma talora amo esperire il buio e non mi piace ferirlo con la luce. Ogni periodo richiede un determinato equilibrio che io ricerco e adatto con regolarità, ma certe volte questo tipo di manutenzione subisce dei colpevoli ritardi per i quali dai miei recessi s’alzano forti rimostranze, vere e proprie contestazioni dal basso.
Le restrizioni in vigore non hanno intaccato la notte, difatti ella già prima si limitava a recapitare consigli a domicilio, laddove quest’ultimo s’intenda come il sonno. Sono curioso di conoscere la residenza dello spirito, ammesso che esso ne abbia una e non sia apolide. Al momento non ho bisogno di nulla che non possa trovare dentro di me, ma sono conscio di come repentine possano formarsi esigenze inedite e di quanto quelle inveterate possano venire meno con la stessa celerità.

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