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Mar

Voler vivere e voler morire

Pubblicato venerdì 4 Marzo 2022 alle 01:39 da Francesco

In questi tempi di facile sconforto ravviso un’idea predominante, la quale invero fa sempre da sfondo alle vicissitudini umane e ne costituisce l’orizzonte ultimo, perlomeno sotto la ristretta prospettiva biologica, ossia quello della morte.
In Ucraina esistenze innocenti vengono spezzate anzitempo dal braccio armato della politica estera e dalla tendenza alla sopraffazione che alberga negli uomini da sempre, benché in debite proporzioni e con rapportate capacità di nuocere: laggiù le persone non riescono a vivere; altrove, come in Italia, individui parimenti innocenti ma già consunti da malattie terminali o da condizioni simili, si vedono invece privati del diritto a una fine dignitosa.
Da una parte la vita non riesce ad affermarsi, perché la sua negazione più atroce per modi ed entità, ossia la belligeranza, si scatena e agisce anche contro coloro da cui è servita con riverenza; in astratta e speculare opposizione a questa inveterata circostanza, giacché la storia umana dimostra come i popoli abbiano eletto ad abitudine il reciproco annientamento, vi è l’impossibilità di morire per propria scelta, autodeterminandosi, per eludere sofferenze inutili.  
I due piani si possono sovrapporre solo idealmente, tuttavia risuona in me questo paradosso: chi vuole abbracciare la vita non può farlo in quanto vi viene strappato con forza, chi invece la vita la vuole salutare in un ultimo rito di somma libertà e catartico distacco, è costretto a protrarre il proprio dolore in ragione di questioni puramente formali, politiche, ideologiche, per le quali non vi è morfina che tenga. In buona sostanza ma in cattiva sorte, al di là di quali siano le dinamiche specifiche di queste due situazioni, ossia la guerra e l’opposizione all’eutanasia, la morte ne è il tema comune, il fil rouge che Atropo, la più anziana delle Parche, recide troppo presto o troppo tardi. Si muore, soleva affermare Heidegger per riferirsi al concetto di si impersonale, ma la fine altrui in realtà invita sempre a riflettere sulla propria.

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27
Feb

Per morire

Pubblicato lunedì 27 Febbraio 2017 alle 21:19 da Francesco

È assurto agli onori delle cronache il caso di un trentanovenne che colto da cecità e tetraplegia (a seguito di un incidente) reclamava da tempo il diritto all’eutanasia. In realtà la faccenda era già nota a chiunque come me segua le iniziative per sostenere il diritto a una morte dignitosa.
Alla fine costui è stato costretto a raggiungere le terre elvetiche per trovare là una via di fuga dalle sua prigione di carne. L’attuale parlamento (al pari di altri, d’altronde) ha rinviato più volte la questione dell’eutanasia, come in un bieco tentativo di rimandare al più tardi possibile il problema, cosicché il Vaticano non se ne abbia a male. Orde di pingui maiali legiferano su molte inezie e perdono tempo nei dibattiti interni ai loro partiti merdosi, però non riescono a dare la priorità ad alcune faccende che sono lasciate in sospeso di proposito per una calcolata ignavia. Oggigiorno soltanto chi ha certe risorse economiche può concedersi il lusso di porre fine al suo inutile calvario, ma tutti gli altri sono costretti a protrarre il proprio strazio fino a quand’esso non ne consumi l’ultima goccia di energia: così pretendono alcuni luridi bastardi in nome del loro altrettanto lurido credo e in ragione di una papesca cortigianeria.
L’ho già scritto e detto più volte, tuttavia, poiché repetita iuvant, colgo l’occasione per ribadirlo ancora: qualora mi accadesse qualcosa d’irreparabile io non vorrei nessun tipo di accanimento terapeutico e se avessi ancora un briciolo di coscienza chiederei un celere ricorso all’eutanasia. Invero, per quanto nella piena clandestinità di un vuoto normativo, ma in forza di un’umanità che a taluni è del tutto sconosciuta, già da tempo l’eutanasia trova una sua applicazione nelle zone grigie della pratica medica.

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10
Ott

Naufragar m’è dolce in questo letame

Pubblicato mercoledì 10 Ottobre 2012 alle 01:31 da Francesco

L’eutanasia dovrebbe essere un diritto per tutti. Se fossi un malato terminale rifiuterei ogni tipo di accanimento terapeutico e cercherei una morte dolce. In Italia non c’è la libertà di disporre del proprio corpo perché il Vaticano vuole imporre anche ai non credenti i suoi precetti deliranti. Queste ingerenze sono i capisaldi di una teocrazia invisibile che cagiona inutili sofferenze e crea corsie preferenziali per coloro che possono permettersi un viaggio di sola andata all’estero.
Non sono un cattolico e non voglio avere niente a che fare con la religione di merda che inquina la mia nazione, ma l’avverso perché s’impone attraverso degli alfieri politici, ovvero puttanelle al soldo di alti prelati. Il cattolicesimo è intriso di fanatismo, ma se fosse un culto privato a me non recherebbe fastidio alcuno. Se un domani io dovessi ammalarmi gravemente la mia volontà non verrebbe tutelata e sarei costretto a sottostare a quello che de facto è un divieto ecclesiastico. Forse il dio inteso da Nietzsche è morto, ma evidentemente occorre fare scempio del cadavere affinché non ne rimanga più traccia.
Altre volte ho accennato l’argomento, ma negli ultimi giorni sono tornato a ripensarci perché ho visto uno spot geniale a favore dell’eutanasia in cui s’invitano i malati terminali a farsi vivi per prenderne parte. Qualcuno ha trovato tale iniziativa di cattivo gusto, ma penso che difficilmente una campagna del genere avrebbe potuto trovare un’impostazione migliore: da parte mia tanto di cappello! La vita non appartiene a nessuna divinità del cazzo ed è disumano sacrificare la dignità di certi malati per contentare un branco di dementi. Un cattolico deve restare libero di soffrire quanto e come vuole, allo stesso modo in cui riconosco il diritto dei Testimoni di Geova a rifiutare le trasfusioni di sangue, ma parimenti la mia volontà deve essere rispettata in pieno. Tutto questo discorso gronda banalità in quanto è formato da auspici che dovrebbero essere già conquiste datate, ma credo che ormai sia soltanto una questione di tempo e spero di vivere abbastanza per usufruirne sul punto di morte qualora dovessi giungervi con un male oscuro.

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