30
Set

La via per l’Oxiana di Robert Byron

Pubblicato giovedì 30 Settembre 2021 alle 10:34 da Francesco

I saggi storici di Hopkirk mi hanno indotto a soppesare La via per l’Oxiana, un libro di viaggio che ho finito per leggere con particolare piacere e coinvolgimento. Al di là della loro vocazione diaristica, anche nelle pagine di Robert Byron vi sono elementi di divulgazione in subordine alle vicende personali, una commistione questa che secondo me infonde un ottimo ritmo al testo e lo rende scorrevole benché sia piuttosto corposo.
La narrazione copre un arco temporale di undici mesi e comincia nel tardo agosto del 1933 in quella che una volta fu La Serenissima. Il modo di descrivere gli incontri e le situazioni, l’ironia più o meno velata con cui Byron rende conto delle proprie e delle altrui vicissitudini, così come lo stupore che talora prorompe dalla sua penna davanti a squarci paesaggistici o ad alcune opere architettoniche, a tratti mi hanno ricordato la scrittura di Tiziano Terzani al quale immagino che quest’autore non fosse sconosciuto.
Ho trovato interessante la sezione persiana che restituisce un’immagine del paese ancora lontana dalla rivoluzione di Khomeini, ma anche la parte dedicata all’Afghanistan mi è risultata utile per intuire da dove nasca e si trovi ancor oggi quella continuità che sta a fondamento dei suoi recenti “sviluppi”.
Mi ha divertito il giudizio negativo e inclemente di Byron sui Buddha giganti che furono scolpiti nella roccia a Bamiyan, infatti mi sono immaginato cosa egli avrebbe detto se avesse vissuto abbastanza per apprenderne la distruzione operata dai talebani nel 2001.
Oltre ai profili autoctoni, dal racconto emergono anche le tensioni politiche tra Russia e Regno Unito sebbene residuali rispetto a quelle raccontate dalla penna del già citato Hopkirk, perciò lo scritto contiene anche sporadici accenni al modus vivendi delle rappresentanze occidentali in un contesto così diverso dalle loro patrie. Per quanto breve, ho trovato pregevole e a mio parere stilisticamente eccelsa l’introduzione di Bruce Chatwin, un altro scrittore su cui prima o poi dovrò investire del tempo.
Come al solito, e per quanto possibile, ho integrato la lettura con la consultazione di mappe satellitari e fotografie recenti per ricavarne un’idea visiva dei luoghi descritti.

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20
Apr

Filmati

Pubblicato martedì 20 Aprile 2010 alle 13:44 da Francesco

È trascorsa una settimana da quando sono tornato in Italia. Ho ripreso a correre, ma impiegherò un po’ di tempo per raggiungere nuovamente i ritmi che riuscivo a sostenere prima della mia partenza, intanto i miei polpacci sono imbevuti di acido lattico come non accadeva da tempo immemore. Adopero questo appunto breve per appuntare i filmati che ho girato durante l’ultimo viaggio.

Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
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10
Apr

Le battute finali

Pubblicato sabato 10 Aprile 2010 alle 18:16 da Francesco

Mancano due giorni al mio rimpatrio. In viaggio non porto mai la nostalgia e anche se volessi metterla nel mio baglio non saprei proprio con cosa riempirla. La malinconia non mi frequenta, anzi mi emargina perché spesso io siedo dove non le è consentito neanche entrare. I ritorni e le partenze mi seducono. Sono italiano fino a un certo punto. La mia permanenza sull’isola di Formosa è stata gradevole e istruttiva. Tra le altre cose ho assimilato nuovi ideogrammi e ancora una volta mi sono reso conto di quanta strada mi manchi per conoscerne almeno duemila. Taiwan è una nazione giovane, una delle figlie disconosciute dallo scorso secolo, ma come sviluppo della Cina che fu, preferisco la sua storia recente a quella coetanea della controparte continentale. Non voglio intrattenermi troppo sul passato geopolitico, perciò provvedo a dedicare qualche parola su quello personale, più prossimo alla data di oggi. Ieri sono andato a visitare la residenza di Chang Kai-shek e ho passato un po’ di tempo in un luogo dove pare che di tanto in tanto egli si fermasse a riflettere. Sono andato nuovamente al mercato notturno di Shin Lin dove ho scorto un chiosco che offriva carne di serpente, ma non ho degustato le interiora di un pitone: le condizioni igieniche mi hanno dato l’idea di un’orchestra che fosse preparata a eseguire tutte le sinfonie dell’epatite. In un negozio di articoli sportivi sono riuscito a comprare un paio di scarpe da running a un prezzo conveniente rispetto al costo italiano. In un altro esercizio commerciale ho acquistato una t-shirt, ma per farmi capire ho dovuto parlare con una bambina di circa dieci anni poiché i commessi non spiccicavano una parola d’inglese mentre la piccola se la cavava discretamente: è stata una scena che mi ha fatto ridere. Ho preso anche due libri. Uno è intitolato “The rape of Nanking”, tradotto anche in italiano con il seguente titolo: “Lo stupro di Nanchino” Si tratta di un testo sull’olocausto cinese che fu perpetrato dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale e di cui pare che il mondo si sia dimenticato: oh, che globo smemorato. L’altro è un dibattito filosofico sulla neuroscienza: “Neruoscience & philosophy”. Tra le mie compere non poteva mancare un po’ di musica, d’altronde avrei commesso un crimine se avessi lasciato certi dischi sui rispettivi scaffali dopo averne constatato l’economicità. Tra questi c’è un live di Keith Jarrett, un lavoro classico di Henrich Ignaz Franz von Biber e qualche disco metal tra cui un capolavoro di due anni fa di cui desideravo da tempo una copia originale, ovvero “The Incurable Tragedy” degli Into Eternity, un album death metal che ruota attorno al tema delle malattie terminali.

Anche oggi ho fatto un po’ di shopping economico, ma la prima parte della giornata l’ho trascorsa dalle parti di Beitou, nei pressi delle terme naturali. Ho visitato un altro tempio, l’ennesimo: Puji. In un centro commerciale ho acquistato tre paia di bacchette (o chopsticks come le chiamano gli anglosassoni), due bicchieri e due ciotole con cui consumerò i miei pasti per i prossimi anni.

Sono soddisfatto del mio soggiorno a Taiwan, ma se avessi potuto prevedere il futuro, forse la mia destinazione sarebbe stata il Kirghizistan o la Thailandia. Insomma, riuscirò mai a trovarmi al posto giusto nel momento sbagliato per assistere a un golpe? Spero che il mio viaggio di ritorno abbia più fortuna del volo presidenziale che è costato la vita ai vertici politici e militari della Polonia.

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6
Apr

Sull’isola di Formosa

Pubblicato martedì 6 Aprile 2010 alle 14:07 da Francesco

Negli ultimi giorni il maltempo si è adagiato su Taipei, tuttavia né le nubi né le precipitazioni sporadiche di acqua piovana hanno compromesso il mio nomadismo urbano. Ho visitato il Sun Yet San Memorial. Nel luogo si trova un grande palazzo simile a quello che è stato eretto per ricordare Chang Kai-shek e tutt’intorno vi sono giardini curati che si offrono alla vista dei passanti. La presenza di un laghetto e gli spazi ampi attirano i praticanti di Tai Chi, le coppiette, le famiglie con prole al seguito e, un po’ distanti dalle categorie appena elencate, si possono incontrare anche degli anziani che in un ampio spiazzo dirigono i voli dei loro aquiloni all’ombra del Taipei 101.


“La linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito”

Ho fatto un salto anche al mercato notturno di Shin Lin nel quale mi sono limitato ad acquistare due adesivi per il divieto di fumo. La folla presente per quantità e compattezza mi ha ricordato quella che occlude le arterie urbane di Roma ogniqualvolta quest’ultima si presti a una notte bianca.

A Taiwan le scuole mettono a disposizione della collettività le loro strutture sportive e finora non ho incontrato neanche un atto di vandalismo né al loro interno né in altri luoghi pubblici. Ho approfittato di una pista d’atletica per correre un po’ e oggi pomeriggio avrei dovuto giocare un’altra partita di calcio, ma la pioggia si è presa il cielo e la terra. Resterei ancora un po’ a Taipei se il visto e le finanze me lo consentissero. La città non ha nulla di speciale, però mi piace trafiggerla a piedi da una parte all’altra e la considero mansueta anche nelle ore di punta. Ravviso dei tratti di serenità e pacatezza in questa urbe che per me non ha nulla di peculiare tranne una calma malcelata. In metropolitana, tra uno spostamento e l’altro, ho quasi terminato la lettura de “La tentazione di esistere” di Emil Cioran e, nei minuti che di solito precedono il mio addormentamento, sono riuscito a scrivere qualche pagina per il mio secondo libro.

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2
Apr

Uomini e bestie

Pubblicato venerdì 2 Aprile 2010 alle 15:23 da Francesco

Nei giorni scorsi ho noleggiato una bicicletta per muovermi più velocemente e ieri sono andato al Taipei Zoo per trascorrere un paio d’ore a contemplare la natura in una campana di vetro. Ho visto un panda ‘ndranghetista che ho ribattezzato in questo modo perché mi è parso in regime di 41 bis a causa dello spazio angusto che gli è stato destinato. Ho immortalato la detenzione pubblica di vari animali tra cui: gibboni, macachi, giraffe, zebre, elefanti, rettili (specialmente serpenti), pinguini, gufi, e perfino una tigre del Bengala. Non mi hanno mai entusiasmato gli animali in gabbia né negli acquari, tuttavia riconosco il valore didattico di certi luoghi e allo stesso tempo non ne nego il carattere liberticida. Dopo la visita zoologica mi sono recato a Shipai per giocare una partita di calcio. Al match mancava soltanto il patrocinio dell’UNICEF poiché il campo ha sfoggiato molte nazionalità: un panamense, due statunitensi, un canadese, un messicano, diversi inglesi, uno spagnolo, un ragazzo di Singapore, un austriaco, un taiwanese e altre persone di cui non rammento né il nome né la patria natia. Eventi del genere rafforzano la mia inclinazione cosmopolitica. Insomma, la partita è stata un vero melting pot. Un mio coetaneo mi ha parlato un po’ di sé e mi ha raccontato di avere già due figli per i quali ha cambiato lavoro poiché il suo impiego precedente non gli permetteva di stare con loro quanto desiderava. Là in mezzo ero l’unico a non avere motivi di studio né di lavoro a Taiwan. “Just traveling” mi sono trovato a rispondere più volte. Dopo la partita ho fatto un po’ di strada assieme al panamense e allo spagnolo. Abbiamo scherzato sulla nostra natura latina e abbiamo concordato su un paio di punti. La gente a Taiwan è amichevole e intrattiene buoni rapporti con gli occidentali, tuttavia non c’è tra le persone autoctone e gli stranieri quel feeling particolare che invece è diffuso in Europa e nelle Americhe. Ho scherzato un po’ con il ragazzo panamense che si sorpreso quando gli ho ricordato il nome di un suo illustre connazionale: Manuel Noriega. Per certi versi ho trovato la conferma a un’impressione che ho appuntato qualche giorno fa su queste pagine al riguardo della sicurezza dell’isola e alla fine ho detto ai miei interlocutori: “Well, Taiwan is too sfae, it lacks of drama!”. Giù risate. Adoro momenti come questi, perle autentiche di socializzazione che scaturiscono dal caso; periodi brevi che brillano di luce propria. All’estero incontro sempre qualcuno sulla mia lunghezza d’onda e immagino che questo dipenda dall’inclinazione cosmopolitica a cui mi sono già riferito. Anche tra i miei connazionali figurano individui interessanti benché io ne conosca un numero esiguo, tuttavia mi ripeto sempre che gli sproloqui noiosi dei miei compatrioti, la loro mancanza d’autoironia e le loro fisime sono il prezzo da pagare per vivere nelle meraviglie paesaggistiche dell’Italia. Io sono l’ultimo dei campanilisti e ancor oggi continuo a dimostrarlo, ma per quanto mi è possibile cerco d’insidiare il podio ogniqualvolta l’obiettività si trovi ad attendermi al traguardo.

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31
Mar

Giornate piene

Pubblicato mercoledì 31 Marzo 2010 alle 14:48 da Francesco

Taipei è una metropoli che nel corso della sua espansione non ha ignorato i bisogni della cittadinanza e difatti nei suoi spazi verdi serpeggiano chilometri e chilometri di percorsi ciclistici ai lati dei quali si trovano campi da basket, da tennis e da baseball in condizioni pressoché perfette. I parchi sono diffusi, puliti e ordinati. La povertà si presenta come un malattia rara e la gente nelle strade mi sembra piuttosto serena nelle sue faccende quotidiane, tanto nelle zone centrali quanto ai margini dell’urbe. Taiwan sembra anemica sotto il profilo drammatico, come se le mancasse la regolarità con cui certe tragedie attraversano altre società del globo. Non voglio lanciarmi in una disamina superficiale, ma sentivo la necessità di appuntare quest’impressione spontanea. Finora ho vistato soltanto un’altra città e non ho intenzione di recarmi a sud dell’isola, ma non escludo che nei prossimi giorni io possa recarmi sulla costa orientale. Mi trovo bene a Taipei e non mi costa nulla assecondare la tendenza stanziale di questo viaggio. Se avessi avuto più tempo prima della partenza, probabilmente mi sarei attrezzato per compiere il giro dell’isola in bicicletta. Un tour ciclistico sarebbe stato alla mia portata, ma avrei dovuto studiare i percorsi, munirmi di un GPS e accorciare la mia permanenza per non sforare il budget a mia disposizione. La prossima volta che tornerò in Estremo Oriente imposterò il viaggio a favore delle due ruote.

La foto soprastante mi ritrae a una certa altitudine sopra Taipei; l’ho scattata durante un’escursione che ho cominciato nei pressi di Jiantan. Lungo il cammino ho potuto apprezzare lo skyline della città da diverse angolazioni e quando sono arrivato a un punto che era prospiciente l’aeroporto di Songshan, mi sono fermato quasi un’ora a guardare gli aerei che decollavano e atterravano.

Il mio sguardo ha fagocitato un numero considerevole di strutture, templi e monumenti. Ho visto anche il cambio della guardia al Martyr’s Shrine, ma in quest’ultimo non sono entrato perché sulla soglia ho ritenuto inopportuna la mia visita occidentale a un luogo che commemora oltre trecentomila vittime e dunque mi sono limitato a scattare qualche fotografia all’esterno prima di fare dietrofront. Probabilmente in me non sarebbe sorto lo stesso pudore se mi fossi trovato davanti a un sito analogo in Europa, perciò sono portato a credere che in talune occasioni la discrezione e la solennità siano legate alle geografia più che alla morale.

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26
Gen

Premesse de “La Masturbazione Salvifica”

Pubblicato lunedì 26 Gennaio 2009 alle 15:42 da Francesco

Finalmente ho deciso di dare una forma cartacea e digitale a una cosa che ho scritto un po’ di tempo fa: “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico Di Un Onanista”. Devo premettere che ormai il testo è datato poiché ha già espletato la sua funzione introspettiva, infatti si tratta di un caso di scrittura terapeutica che ho sfruttato per conoscermi meglio. Alcune parti del libro possono risultare imbarazzanti e io stesso le riterrei tali se avessi fallito miseramente il processo di introspezione. Sono uno scrittore mediocre e il mio stile è semplice, tuttavia non ho bisogno di grandi capacità letterarie per lavorare sulla mia interiorità con l’ausilio di penna e calamaio. Sono soddisfatto del risultato che ho conseguito e il carattere obsoleto del contenuto (lo ritengo tale perché dalla prima stesura a oggi il mio insight è aumentato ulteriormente) e la mia mediocrità umanistica non pregiudicano l’importanza che questo libercolo ha avuto per lo studio di me stesso, tuttavia è un aspetto positivo (forse è meglio definirlo “costruttivo”) che a mio avviso, malgrado le prodezze dell’idenfiticazione, non può essere fruibile da qualcun altro a causa del suo tratto intimista e personale. Devo riportare due dati tecnici per chiunque fosse tanto scriteriato da procurarsi una copia cartacea di quanto ho bistrattato presentato finora. Primo: il testo è giustificato e privo di rientri. Secondo: la numerazione delle pagine è interna, mentre di solito è centrata o esterna. Mi auguro che il testo sia scevro di refusi e spero che le mie riletture abbiano estirpato ogni errore. La copia cartacea può essere acquistata a questo indirizzo mentre l’e-book può essere scaricato da qui: le due versioni sono identiche.  Sulla copertina sono riportati dei kanji che si pronunciano “dousatsuryoku”, ovvero “insight” in giapponese. Lascerò per un po’ questo appunto in primo piano per evitare di doverlo rivangare successivamente.

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24
Apr

Il mio primo libro

Pubblicato giovedì 24 Aprile 2008 alle 20:34 da Francesco

A ottobre ho incominciato a scrivere un libro e in questi giorni ne sto terminando la stesura. Non ho ambizioni editoriali e penso che esistano più scrittori che lettori, ma non escludo di stampare qualche copia del mio lavoro in una tipografia per conservarne una versione cartacea e prima o poi ne farò un e-book. Qualche anno fa avevo già provato a redigere un romanzo breve, ma tutti i miei tentativi erano precipitati puntualmente nel baratro dell’insoddisfazione e ogni caduta mi aveva spinto ad affinare il mio stile affinché si adeguasse alle mie esigenze. Non sono un letterato e ritengo che la mia padronanza linguistica non sia eccelsa, ma sono contento di quanto ho scritto finora ne “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico di Un Onanista”. Il testo di oltre centottantamila caratteri è parzialmente autobiografico e rappresenta una parte notevole del mio lavoro introspettivo, perciò, come specifico nella prefazione, “questo libro non è stato scritto per essere letto, ma è stato concepito per essere scritto”. Prevedo di terminare la correzione e l’impaginazione entro la prima metà di maggio. Ormai il mio operato scritturale ha assolto il suo compito introspettivo, ma posso utilizzare ciò che ha prodotto come un prontuario sulla mia forma mentis. Ho alcune idee per scrivere un secondo testo di tutt’altro tenore, ma per adesso non ho intenzione di concretizzarle e attendo che uno stimolo incontrollabile mi induca ad articolarle.

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16
Ott

Seoul: Agosto e Settembre 2007 – Seconda Parte

Pubblicato martedì 16 Ottobre 2007 alle 00:07 da Francesco

Qualche giorno fa ho terminato il montaggio della seconda parte del mio video coreano e mi sono adoperato per annotarlo sopra queste pagine come mi ero ripromesso qualche settima addietro. In questa seconda e ultima parte del mio reportage ho inserito le sequenze che ho catturato al Korean War Memorial, alla Seoul Tower, al World Cup Stadium durante una partita del campionato di calcio coreano tra Seoul F.C. e Pohang, all’esterno di una pizzeria dove ho pranzato con il proprietario di quest’ultima e sull’aereo che mi ha riportato a casa, ma uno dei momenti più belli è stato il concerto di una band emergente in cui mi sono imbattuto per caso nel centro della capitale coreana. Sono stati momenti piacevoli che, ovviamente, mi seguiranno vita natural durante.

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