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Dic

Vent’anni dopo il terzo millennio

Pubblicato giovedì 31 Dicembre 2020 alle 21:42 da Francesco

Quest’oggi ho concluso il mio dicembre podistico con una sessione da diciottomila metri che ha portato il computo dei miei chilometri mensili a 550, ma di questi dati parlerò più avanti con un filmato nell’idioma d’Albione. Gli ultimi dodici mesi sono stati uno più simpatico dell’altro e non m’illudo che la loro scia di sangue si arresti di colpo per fare cosa grata al calendario gregoriano. Sono un po’ indifferente agli accadimenti del mondo e cerco di perorare la mia guerra santa affinché lo spazio vitale a mia disposizione non si riduca troppo, ma si tratta anche di un atto conoscitivo in continuo divenire di cui una vocina interiore, ab illo tempore, è stato l’innesco, il casus belli. Nutro l’autostima in maniera autonoma e non cerco all’infuori di me altre fonti di approvvigionamento in quanto risultano troppo impegnative, ma non ne ho manco bisogno perché talora la mia attività ne genera persino un surplus. Non sono in debito con nessuno e nessuno lo è con me, non bramo accordi né nuove linee di produzione e non ho bisogno di prendere scorciatoie per giungere laddove il tempo mi tradurrà inesorabilmente.
Dal nuovo anno non mi attendo nulla di diverso da quanto è già accaduto negli ultimi millenni della sciagurata civiltà umana, ovvero la tendenza alla sopraffazione e un puntuale esercizio dell’ingiustizia a qualsiasi livello dello scibile. La nostalgia per lo stato di natura non passa mai di moda, perciò sarebbe opportuno che scritte al neon di “homo homini lupus” campeggiassero nell’àere durante ogni fashion week.
In media i maschi italiani vivono ottant’anni; io attualmente ne ho trentasei e il tempo che mi resta a disposizione, consti esso di mezz’ora o sessantaquattro primavere, non voglio dedicarlo alla coltivazione di vane speranze: proprio per scongiurare quest’ultimo male, a guisa di vaccino, dedicherò un’esigua parte di detto tempo alla rilettura dello Hobbes.


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Gen

Esordio gregoriano

Pubblicato venerdì 1 Gennaio 2016 alle 20:31 da Francesco

Quasi sempre durante i momenti di passaggio (che siano effettivi o simbolici) mi piace ricordare il titolo di un libro di Tiziano Terzani, ovvero La fine è il mio inizio.
Ieri sera mi sono recato da solo a Tivoli, laddove un tempo Adriano celebrò la bellezza del suo Antinoo e dove io, invece, senza lasciare traccia alcuna ho festeggiato l’ultimo giorno dell’anno.
In Piazza Garibaldi ho preso parte al concerto della Premiata Forneria Marconi: per la terza volta ho assistito a un loro live e credo che tra le tre quella di ieri sia stata la performance migliore.
Un capodanno all’insegna del rock progressivo non l’avevo mai trascorso ed è stato stupendo!
Ho respirato un’atmosfera fantastica e ho salutato con allegria i dodici mesi che si sono succeduti senza soluzione di continuità. Se fossi stato uno incapace di starsene per i fatti suoi forse avrei accettato uno dei vari inviti che avevo ricevuto per delle festicciole in cui difficilmente mi sarei divertito. Purtroppo con le altre persone rischio sempre di apparire scostante e sfuggente, certe volte addirittura snob, ma in realtà non sono affatto così o forse lo sono in una misura inferiore a quella che talora può trasparire dal mio comportamento.
Ho capito da prima che iniziasse il concerto quanto fosse stata saggia la mia scelta, ma quando Patrick Djivas ha attaccato l’intro di basso di Maestro Della Voce, celebre pezzo della PFM dedicato a Demetrio Stratos, non ho avuto più il benché minimo dubbio! Dovevo essere là, in prima fila!
In questo periodo l’anno scorso ero dall’altra parte del mondo e stavo bene: quest’anno sono sul suolo natio e sto bene lo stesso. Memorie piacevoli mi attraversano rapide e fugaci perché io non sono tipo d’albergarle troppo a lungo, però sono contento che ogni tanto mi facciano visita.
Auguro a me stesso un anno di crescente consapevolezza e che le mie azioni possano essere in accordo con i miei pensieri. Ho ancora una lunga strada da percorrere da solo e intendo fare il possibile affinché le circostanze mi concedano il tempo necessario per il viaggio. Ad maiora.

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