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Nessun apoftegma

Pubblicato venerdì 10 Maggio 2013 alle 23:36 da Francesco

Il sole mi brucia le carni senza annerirmi l’umore, laonde ragion per cui non m’incupisco anche se le circostanze m’invitano a farlo. Se Eraclito fosse stato mio contemporaneo forse avrebbe sostenuto che non ci si può bagnare due volte con lo stesso acido muriatico. L’amore violento è un ossimoro in cui ravviso una conferma ulteriore dell’autolesionismo umano. Per me è da sminare qualunque area che contenga ossessioni ed è per questa ragione che non ho ancora messo piede in certi campi…
Non ho bisogno di fare esperienze negative in quanto non credo che la sofferenza sia una maestra insostituibile benché in parte le riconosca una valenza istruttiva. Ho la sensazione che il tempo mi stia dando ragione, ma di quest’ultima non me ne faccio nulla. Non ho la pretesa d’ingabbiare il globo terracqueo in considerazioni personali poiché queste non sono abbastanza larghe per cingerlo in modo obiettivo; se m’illudessi di possedere un’apertura alare talmente ampia allora rientrerei di diritto nella schiera dei filosofi della domenica, tuttavia da cotanta stoltezza io sono assente anche nei giorni infrasettimanali. Non posso che calibrare il pensiero sulla mia esistenza e guardo al mondo quanto basta per non sofisticare il legame che mi fa esserne una parte infinitesima. Qualche volta quando mi guardo dentro non vendo il fondo: l’introspezione è una pratica pericolosa. Mi domando se la staffetta delle necessità termini con l’esalazione dell’ultimo respiro. In realtà sono altri gli interrogativi che in questi periodi frappongo tra me e il presente. Attualmente non sono nelle condizioni di cogliere l’attimo fuggente perché vivo un po’ sospeso, però conto di riprenderlo a piene mani. Per quanto trascurabili, le parole che scrivo mi aiutano a parlare a me stesso e così ho modo di trovare quella comprensione che altrimenti non saprei davvero a chi chiedere. Non mi sento solo anche se di fatto lo sono e non ho bisogno di restarlo anche se una tale evenienza mi sembra plausibile. In me ospito paradossi e imparo dalle loro relazioni improbabili. Mi fido delle mie intuizioni, ma per adesso non mi resta che accettarne il silenzio in quella che è diventata quasi una piacevole abitudine.

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