11
Mar

Archivio onirico: sogno n° 33

Pubblicato lunedì 11 Marzo 2024 alle 22:24 da Francesco

Non sono in grado di dare una composizione organica ai frammenti onirici che quest’oggi, al risveglio, ho avuto modo di trafugare nello stato vigile, tuttavia ci sono due episodi significativi ai quali attribuisco un fil rouge.
In una prima parte del sogno mi trovo a bordo di un’auto con degli estranei e all’improvviso avviene un incidente che ci coinvolge; in un momento successivo mi trovo all’aperto, vicino a una donna malata attorno alla quale presenziano altre persone oltre a me.
Non mi è facile capire il simbolismo di queste scene giacché  si prestano a letture d’opposta polarità ma egualmente plausibili. A mio parere una possibile spiegazione dai risvolti negativi implica un avvertimento per l’imminenza di eventi nefasti, un tetro monito per fatti che mi soverchieranno e per i quali non potrò fare niente: nel sogno alla guida dell’auto non ci sono io e questo dettaglio a mio avviso indica l’impotenza di fronte a possibili difficoltà; la donna morente, in quest’ottica, può rappresentare una perdita di qualunque genere.
Un’altra lettura, anch’essa esiziale, può esprimere un’ansia latente o un disagio sopito che l’inconscio manifesta in questo modo poiché la tenuta della mia psiche ne impedisce l’ingresso nella vita vigile.
Reputo valida anche l’ipotesi che inquadra il sogno come accettazione e catarsi per qualcosa su cui non ho avuto possibilità d’intervento, perciò durante il sonno l’inconscio può aver sbrigato quei lambiccamenti su cui io non mi sono speso a sufficienza da sveglio: se così fosse, le scene oniriche sarebbero riverbero del passato e non cassandre per l’avvenire. Solo il tempo saprà dir meglio sul sogno in esame e dunque non mi resta che attenderne il verdetto.

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1
Mar

Archivio onirico: sogno n° 32

Pubblicato venerdì 1 Marzo 2024 alle 14:36 da Francesco

Era da circa un paio d’anni che non riuscivo a trattenere nelle memoria elementi sufficienti per annotare un sogno, ma la scorsa notte ne ho fatto uno molto vivido che la lasciato alcune tracce nel mio stato vigile.
Nel sogno mi trovo disteso in un corso cittadino e accanto a me ci sono delle persone, anch’esse a terra. Capisco che la nostra posizione è dovuta alla minaccia delle armi, difatti siamo tenuti sotto tiro da alcuni banditi. Nel gruppo di criminali è presente anche una ragazza vestita con eleganza che d’un tratto, per intimorirmi, spara con un fucile da cecchino mentre dice: “Facciamo il tiro al piattello”. Dopo quest’ultimo colpo mi alzo in piedi e scatto via perché con la coda dell’occhio la vedo intenta a ricaricare, tuttavia lei fa in tempo a esplodere un altro colpo che non mi raggiunge. Riesco a trovare riparo in un edificio e a quel punto mi sento sollevato, però provo una pena per gli altri che sono rimasti alla mercé dei criminali.

Credo che l’origine di questo sogno sia da ascrivere alla fine di un epistolario platonico che è intercorso per un po’ di tempo tra me e una signorina. Vi è un’evidente ambiguità perché, da una parte provo sollievo quando trovo riparo e ottengo una relativa sicurezza, ma dall’altra avverto un senso di pena per chi è rimasto indietro, ossia quegli ostaggi che secondo me rappresentano delle mie istanze psichiche ancora legate al rapporto platonico.
A mio parere la dinamica ricattatoria è stata affibbiata dal mio inconscio alla situazione giacché veniva da me esperita in quella maniera, ma ciò non implica che lo fosse realmente. Salvarsi da soli e l’impossibilità reale o presunta di conoscersi a vicenda: in ciò ravviso l’essenza del sogno.

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26
Lug

Archivio onirico: sogno n° 31

Pubblicato domenica 26 Luglio 2020 alle 02:08 da Francesco

Ieri i miei ritmi circadiani sono stati sconvolti e suppongo che questo brusco cambio di ritmi sia stato all’origine della raffica di sogni che ho esperito nel pomeriggio, ma di cui alla fine sono riuscito a conservare solo i frammenti di un singolo episodio.
Mi sono ritrovato in un sorta di mansarda e davanti a me v’era una vetrata triangolare su cui campeggiavano delle linee dorate, come se fossero state aggiunte con lo scopo di rendere fattibili certe misurazioni: attraverso questa finestra riuscivo a vedere i tetti della metropoli e all’orizzonte non scorgevo un edificio più alto di quello da cui lanciavo lo sguardo.
A un certo punto ho aperto una porta e ho messo piede in una sorta di corridoio esterno. Alla mia destra si trovavano le persiane di un’altra casa e davanti a me un’altra abitazione ancora: da una finestra di quest’ultima è apparsa in lontananza una donna nuda e appena l’ho vista in me è scattato un moto di pudicizia che mi ha fatto tornare all’interno della mansarda.
Mi sono messo a letto e dopo un po’ di tempo, non so quantificare quanto, ho ricevuto un colpo alla parte destra del petto che io ho pensato fosse una coltellata, ma in realtà è stato come un pugno fortissimo di cui per altro, non so come, ho intuito l’arrivo: appena è accaduto tutto ciò io mi sono svegliato immediatamente (per davvero) con un forte senso di angoscia.

Mi avventuro in una delle possibili interpretazioni di questo sogno, ma come al solito lo faccio senza alcuna pretesa e con lo scopo precipuo di non lasciare nulla d’intentato.
La mansarda forse rappresenta una sorta di torre eburnea, un luogo di ritiro al di sopra del mondo, un simbolo di isolamento, e lo inquadro in questo modo poiché trascorro molto tempo da solo, immerso tra i miei interessi solipsistici. La porta che a un certo punto apro, quella che dà su un corridoio esterno, secondo me dev’essere intesa come gli sporadici affacci sulle altrui esistenze su cui però non mi trattengo. La donna in vesti adamitiche, quindi nuda, è l’oggetto di un desiderio archetipico, immanente alla mia natura, ma anche motivo di repulsione per ciò che può implicare. Il colpo che ricevo nel sonno è quello dell’inconscio, come se mi punisse poiché non ne assecondo a sufficienza le istanze, difatti mi colpisce a destra e non a sinistra (dove risiede il cuore) perché comunque io gli servo vivo, ma nel sogno per un attimo mi sembra di morire e quindi di essere assassinato.
In buona sostanza la storia è sempre la stessa. Rigetto i bisogni naturali d’affetto e contatto muliebre poiché il loro soddisfacimento è rischioso, precario e inconcludente, ma la mia natura d’essere umano reclama se stessa laddove può farlo, ovvero in una dimensione onirica su cui io non posso avere controllo e forse quest’ultimo è rappresentato dalle linee dorate che si trovano sulla vetrata della mansarda, quasi vi fossero state apposte per misurare qualcosa.

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19
Feb

Archivio onirico: sogno n° 30

Pubblicato mercoledì 19 Febbraio 2020 alle 14:23 da Francesco

Stanotte ho vissuto un sogno molto intenso. Mi ritrovo in una stanza simile alla mia, ma sono ospite di una famiglia meridionale. Vicino a me siede una ragazza dai capelli corvini che identifico subito con una vecchia conoscenza: oltre a noi due vi sono anche sua sorella e suo fratello.
La ragazza è ostile nei miei confronti, insofferente, e assume comportamenti bizzarri, come se fosse posseduta. D’un tratto parlo di questa situazione a sua sorella e poi a suo fratello che invece si dimostrano pacati e ragionevoli, mentre lei nel frattempo si fa sempre più aggressiva.
A un certo punto il sogno cambia e si susseguono delle immagini che mostrano la ragazza nel pieno di vari amplessi, ma in quelle scene pornografiche percepisco la stessa forma di disprezzo nei miei confronti che già avevo avvertito all’inizio. Alla fine la sequenza lasciva cessa e io mi ritrovo all’esterno, ma non riesco a capire se sia sera o se siano imminenti le prime luci del giorno: questo è l’ultimo particolare che ricordo.

La spiegazione di questo sogno può essere ricondotta ancora una volta a quelle istanze che respingo dalla vita vigile, ma di cui quella inconscia non può sbarazzarsi. Si tratta della perpetua mancanza nella mia esistenza di relazioni sentimentali e di una profonda reciprocità con un altro essere umano, perciò ciclicamente tale condizione riaffiora nottetempo per chiedere udienza.
Questo movimento onirico mi ricorda quelli sistolici e diastolici, paragone che si presta anche a una metafora melensa, perciò non ci trovo niente di preoccupante. È normale amministrazione, il consueto via vai di pulsioni naturali e razionalità.

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17
Giu

Archivio onirico: sogno n° 30

Pubblicato domenica 17 Giugno 2018 alle 23:17 da Francesco

Diverse notti fa ho sognato di trovarmi lungo un sentiero di montagna, su una cima andina, ma non sono in grado di spiegare come mai io sia certo di questo particolare geografico: lo so e basta. D’un tratto invece di procedere avanti ho preso a camminare verso il punto di partenza e, sulla via del ritorno, sono inciampato sopra una pietra. La caduta mi ha fatto finire in un precipizio buio e in quel momento ho avuto il privilegio di provare la sensazione che precede la morte, difatti non mi sono svegliato di soprassalto e ho “vissuto” in maniera distinta gli istanti in cui un individuo prende atto dell’imminente ineluttabilità.

Intuisco la natura profetica di questo sogno, tuttavia soltanto dopo il vaglio del futuro (quand’esso si muterà in un recente passato) o al cospetto dei suoi più convincenti prodromi a me sarà concesso di comprenderne davvero il carattere, infatti non escludo che possa addirittura trattarsi di un buon auspicio. In quest’occasione non riesco neanche ad accennare un’ipotesi e di sicuro non ne azzardo una per il solo scopo di lasciare qualche riga in più a campeggiare intorno al suo senso ultimo.

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30
Set

Archivio onirico: sogno n° 29

Pubblicato sabato 30 Settembre 2017 alle 21:01 da Francesco

La scorsa notte ho sognato il suicidio di una ragazza con cui in passato ho parlato a lungo: Sheila. Costei era piegata in terra, io la vedevo di spalle e tentavo di farla desistere dal gesto estremo, ma ogni mia parola non faceva altro che peggiorare la situazione e anche gli appelli di altre persone là presenti non sortivano effetto alcuno.
A un certo punto Sheila ha premuto il grilletto della pistola e si è sparata alla tempia sinistra: si è accasciata subito a terra, alla sua destra, ma io non l’ho più scorta poiché la sua figura è scomparsa dalla mia vista appena è caduta. A quel punto lo scenario del sogno è cambiato improvvisamente e mi sono ritrovato in una sorta di commissariato dove nutrivo un forte senso di colpa, ma nessuno mi aveva accusato di nulla ed ero libero di andarmene.

Nel mio caso questo sogno può avere molteplici interpretazioni, ma in ognuna di esse il suicidio ha solamente un valore simbolico. Se non avessi riconosciuto la suicida avrei finito per ritenere quest’esperienza onirica come un monito contro il mio eventuale coinvolgimento nel fallimento di terzi, tuttavia devo considerare un’altra spiegazione in quanto l’identità della protagonista mi è risultata nota sin dall’inizio.
Quella ragazza, Sheila, è stata per un arco di tempo la depositaria di un mio investimento emotivo che ha rispettato ancora una volta i facili pronostici dell’inconcludenza, ma a quanto pare gli echi del suo distacco si sono protratti e suppongo che l’inconscio se ne sia avvalso per protestare contro l’assenza di relazioni sentimentali nella vita del sottoscritto.
Ormai mi sono reso conto che almeno un paio di volte all’anno l’inconscio mi tira simili scherzi benché le sue rimostranze cambino sempre modalità e contenuti: il mio inconscio ha il disco rotto e vorrebbe che attribuissi al mio cuore lo stesso guasto.

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15
Dic

Archivio onirico: sogno n° 28

Pubblicato giovedì 15 Dicembre 2016 alle 14:41 da Francesco

Qualche giorno fa ho sognato di correre una maratona, però finivo sempre per perdermi e non c’era nessuno che m’indicasse la strada da seguire. Provavo una profonda frustrazione e in più ero preoccupato perché sapevo che ogni contrattempo mi rubava dei minuti importanti.

Questo breve sogno è talmente esplicito che forse non abbisogna di alcuna spiegazione, però credo che talora anche alle ovvietà possano spettare delle opportune sottolineature.
La maratona è la vita, e corro l’una così come vivo l’altra, però mi sento perso perché non ho un legame forte e questa assenza è comprovata nel sogno dalla difficoltà che incontro a reperire le informazioni sulla strada da seguire. Non c’è nessuno che sappia indicarmi dove andare, o che pronunci anche solo un suggerimento: parimenti non ho altra voce amica che non sia la mia e se mi trovassi in un quiz televisivo dovrei farmi ubiquo per chiedere l’aiuto da casa.
Ravviso tuttavia un aspetto meno scontato in questo sogno poiché esso non finisce con una resa, inoltre la maratona rappresenta lo sforzo di andare avanti che interpreto come tendenza evolutiva, o, per usare termini junghiani, come il perseguimento del processo di individuazione. Insomma, l’inconscio non mi sta comunicando nulla di nuovo, però ciclicamente si scomoda per bacchettarmi in merito alla mia desertificazione sentimentale. It happens.

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23
Giu

Archivio onirico: sogno n° 27

Pubblicato giovedì 23 Giugno 2016 alle 22:41 da Francesco

La scorsa notte ho sognato di entrare in una specie di arena che aveva una pavimentazione a scacchi e là ero atteso da un leone. Il felino mi ha detto qualcosa che non ricordo e subito dopo ci siamo scontrati; io ho avuto la meglio, ma appena l'ho ucciso ho provato un senso di pietà.

Il leone rappresenta emozioni e sentimenti latenti che non trovano spazio nella mia realtà e di conseguenza ho ragione di credere che il mio scontro con l'animale in realtà sia uno scontro tra l'Io e l'inconscio. V'è un fil rouge che lega questo sogno ai precedenti, ovvero la solita solfa che mi vede inadempiente verso le istanze dei miei recessi più reconditi.
In altre parole l'inconscio tuona contro la mia pressoché totale assenza di affetti e io non nego quanto ciò sia vero, però allo stesso tempo non posso farci nulla e cerco quindi di condurre al meglio la mia esistenza. Suppongo che sogni del genere siano destinati ad accompagnarmi per lungo tempo, come uno di quei film natalizi che compaiono puntualmente in televisione.

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15
Apr

Archivio onirico: sogno n° 26

Pubblicato venerdì 15 Aprile 2016 alle 14:56 da Francesco

Circa due settimane or sono ho fatto un sogno che già nell'immediatezza del primo ricordo mi è parso molto indicativo e di conseguenza l'ho inteso come un monito dell'inconscio.
Nelle molteplici e pressoché identiche sequenze di quest'attività onirica mi trovavo seduto in auto come passeggero, accanto al guidatore di cui non riuscivo mai a scorgere il viso, e alla fine si verificava sempre un incidente. Nell'ultima scena di questo sogno ripetitivo ho esternato il mio fastidio dicendo qualcosa del genere: "Ancora? Basta!".

Mi sembra piuttosto evidente come l'inconscio mi comunichi la propria insofferenza che, volente o nolente, è anche la mia. L'auto è l'esistenza che scorre e io ne sono il passeggero perché al momento mi trovo in una situazione che non posso cambiare. Gli incidenti che si susseguono mi paiono un chiaro segno di ciò che in psicoanalisi si chiama "coazione a ripetere".
Purtroppo conosco le frustranti scaturigini di questo sogno e non mi resta che abdicare a una certa possibilità, forse una delle ultime per certi versi, ma d'altro canto non c'è altro da fare. Ancora una volta mi vedo costretto a ripiegare su me stesso, però a onor del vero devo anche felicitarmi con me medesimo in quanto sono ancora in grado di farlo.
Questo corso degli eventi mi ha inoltre fatto capire con largo ritardo come in passato una certa persona abbia fatto bene ad allontanarsi dall'immagine che si era creata di me (e non da me in quanto me, poiché non mi ha mai conosciuto): l'uroboro mangia di nuovo la sua coda.

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1
Feb

Archivio onirico: sogno n° 25

Pubblicato lunedì 1 Febbraio 2016 alle 22:54 da Francesco

Ho sognato d’investire un cane sulle strisce pedonali mentre la sua padrona lo teneva al guinzaglio: un carlino, per la precisione. Appena mi sono reso conto dell’incidente è subentrato in me un forte senso di colpa. La scena onirica si è poi trasferita in un’abitazione dove un uomo mi ha rimproverato con veemenza: “Non ti voglio più vedere a Roma”; all’affermazione di costui io ho risposto che “a Roma ci lavoro”.

Ipotizzo che il cane rappresenti la mia parte istintiva, ma nel sogno appare come un carlino, ovvero un cane di piccola taglia e dunque ne deduco che si tratti di un’istintività ammansita dalla ragione o può darsi che l’immagine costituisca una prevaricazione di quest’ultima: è come se uccidessi involontariamente la mia parte irrazionale. Il conseguente senso di colpa è la mia intuizione di quanto un atteggiamento così censorio sia sbagliato e l’uomo che mi rimprovera può essere l’inconscio, difatti il mio errore non avviene sotto la giurisdizione dell’Io.
Roma è una città che per me ha molteplici significati, ma in questo caso non ricorro a una sua interpretazione personale. L’uomo (l’inconscio) non vuole più vedermi a Roma dove io “lavoro”, ovvero non vuole che la mia razionalità risulti un ostacolo alla mia vita: almeno così sono portato a credere. Alla luce di queste considerazioni io suppongo che nel sogno Roma in quanto caput mundi rappresenti la totalità dell’esistenza, difatti tutte le strade portano a quest’ultima.
A mio modesto avviso la presenza simbolica della razionalità è avallata ulteriormente dalle strisce pedonali: queste indicano l’unico punto in cui per la legge (la ragione?) al cittadino è permesso di arrivare dall’altra parte di una strada (vivere), tuttavia quest’ultima può essere attraversata in altre zone nonché in altri modi. La mia parte irrazionale reclama se stessa.

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