26
Lug

Archivio onirico: sogno n° 31

Pubblicato domenica 26 Luglio 2020 alle 02:08 da Francesco

Ieri i miei ritmi circadiani sono stati sconvolti e suppongo che questo brusco cambio di ritmi sia stato all’origine della raffica di sogni che ho esperito nel pomeriggio, ma di cui alla fine sono riuscito a conservare solo i frammenti di un singolo episodio.
Mi sono ritrovato in un sorta di mansarda e davanti a me v’era una vetrata triangolare su cui campeggiavano delle linee dorate, come se fossero state aggiunte con lo scopo di rendere fattibili certe misurazioni: attraverso questa finestra riuscivo a vedere i tetti della metropoli e all’orizzonte non scorgevo un edificio più alto di quello da cui lanciavo lo sguardo.
A un certo punto ho aperto una porta e ho messo piede in una sorta di corridoio esterno. Alla mia destra si trovavano le persiane di un’altra casa e davanti a me un’altra abitazione ancora: da una finestra di quest’ultima è apparsa in lontananza una donna nuda e appena l’ho vista in me è scattato un moto di pudicizia che mi ha fatto tornare all’interno della mansarda.
Mi sono messo a letto e dopo un po’ di tempo, non so quantificare quanto, ho ricevuto un colpo alla parte destra del petto che io ho pensato fosse una coltellata, ma in realtà è stato come un pugno fortissimo di cui per altro, non so come, ho intuito l’arrivo: appena è accaduto tutto ciò io mi sono svegliato immediatamente (per davvero) con un forte senso di angoscia.

Mi avventuro in una delle possibili interpretazioni di questo sogno, ma come al solito lo faccio senza alcuna pretesa e con lo scopo precipuo di non lasciare nulla d’intentato.
La mansarda forse rappresenta una sorta di torre eburnea, un luogo di ritiro al di sopra del mondo, un simbolo di isolamento, e lo inquadro in questo modo poiché trascorro molto tempo da solo, immerso tra i miei interessi solipsistici. La porta che a un certo punto apro, quella che dà su un corridoio esterno, secondo me dev’essere intesa come gli sporadici affacci sulle altrui esistenze su cui però non mi trattengo. La donna in vesti adamitiche, quindi nuda, è l’oggetto di un desiderio archetipico, immanente alla mia natura, ma anche motivo di repulsione per ciò che può implicare. Il colpo che ricevo nel sonno è quello dell’inconscio, come se mi punisse poiché non ne assecondo a sufficienza le istanze, difatti mi colpisce a destra e non a sinistra (dove risiede il cuore) perché comunque io gli servo vivo, ma nel sogno per un attimo mi sembra di morire e quindi di essere assassinato.
In buona sostanza la storia è sempre la stessa. Rigetto i bisogni naturali d’affetto e contatto muliebre poiché il loro soddisfacimento è rischioso, precario e inconcludente, ma la mia natura d’essere umano reclama se stessa laddove può farlo, ovvero in una dimensione onirica su cui io non posso avere controllo e forse quest’ultimo è rappresentato dalle linee dorate che si trovano sulla vetrata della mansarda, quasi vi fossero state apposte per misurare qualcosa.

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24
Lug

Un gusto superiore

Pubblicato venerdì 24 Luglio 2020 alle 01:53 da Francesco

Avverto in me un rinnovato vigore, un potenziale accresciuto, e anche le pareti della mia interiorità appaiono sempre più adamantine. Mi sento all’inizio di una fase espansiva, come se tutte le mie facoltà psicofisiche fossero sul punto di estendersi più di quanto abbiano mai fatto finora. Ho già provato qualcosa del genere molti anni fa e fu il preludio a un cambiamento che si dimostrò assai intenso e repentino, però al contempo fu importante e proficuo. È come se all’improvviso mi fossi ritrovato a maneggiare degli elementi instabili, perciò devo agire con cautela. Ho sviluppato una profonda conoscenza di me stesso e della macchina biologica che mi ospita, ma non ne conosco ogni ingranaggio né mi sono noti tutti i suoi automatismi e commetterei un errore madornale se peccassi di superbia.
Le forze contrarie non sono sparite perché sono immanenti e la prospettiva della loro estinzione rasenta l’utopia o la sciocchezza, però ho la sensazione che in questa fase la loro presenza non abbia la minima presa su di me. Riesco a sentire un gusto superiore quando la mia attenzione risulti costante e sia coltivata con cura, ma non mi è facile rendere durevole e longevo tale dinamica poiché talora la mia concentrazione viene meno.
Non posso creare a mio piacimento occasioni del genere e non ho idea di quale concorso di circostanze ne causi l’avvento, tuttavia posso profondere i giusti sforzi affinché quella presente non risulti un epifenomeno a latere di un’esistenza ordinaria. Devo mantenere una certa centratura, senza eccessive distrazioni, almeno fino a quando non riuscirò a fare lo stesso senza un cospicuo dispendio di energie.

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16
Lug

Per i futuri ricordi da emerodromo

Pubblicato giovedì 16 Luglio 2020 alle 15:44 da Francesco

Ho registrato un filmato autoreferenziale nel quale ripercorro in maniera un po’ scanzonata i miei primi sette anni di agonismo podistico. Si tratta di una testimonianza che forse riguarderò con piacere e un po’ di nostalgia quando i miei telomeri si saranno accorciati di molto.
Al di là delle gare, la corsa per me è una sorta di via iniziatica, un modo con il quale ancor oggi scandisco la mia esistenza, un mezzo per affrontare ogni cosa e quindi intendo restarle legato finché le circostanze tanto esogene quanto endogene me lo permetteranno.

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10
Lug

La percezione divisoria del vuoto

Pubblicato venerdì 10 Luglio 2020 alle 01:56 da Francesco

Mi aggiro nottetempo tra le miriadi di possibilità che ognuno annovera nelle ore di cui dispone, ma non ne trovo neanche una che sia alla mia reale portata, come i beni di lusso per chi conferisca loro un ulteriore valore oltre a quello di mercato. Talora una prolungata indecisione costituisce il più grande dei privilegi, ma sovente non si dimostra tale finché le circostanze non ne rivelino la sua preziosa irripetibilità sulla fredda linea del tempo.
Non so a quale inseguimento votarmi, verso cosa proiettare la mia coscienza, ma soprattutto non ho idea se sia opportuno che qualcosa del genere avvenga. Davanti a me si staglia un vuoto sconfinato del quale non riesco ad ammirare i contorni invisibili, ma di cui percepisco l’avvolgente presenza: perché mi pongo il problema di provare a riempirlo quando invece, per buona creanza, non dovrei gravarlo nemmeno con lo sguardo? Eppure sono combattuto tra la volontà dell’affermazione e il gusto superiore della rinuncia: questo vuoto c’è e i sensi ordinari me ne restituiscono una minima parte, non contiene nulla e soltanto un mio capriccio vuole oberarlo con qualcosa di cui neanche dispongo; non mi chiede niente e io invece cerco di estorcergli dei vaticini.
Forse il dualismo autoreferenziale nel quale verso costituisce uno scoglio imprescindibile che ostacola quanto dev’essere ostacolato affinché sia sì di difficile ottenimento, ma gravido di conseguenze e di un senso apparente qualora venga raggiunto, come se la sua stessa essenza dipendesse dal tragitto sull’impervia via in cui alberga. Tali considerazioni sono di una banalità sconcertante, ma non le discrimino per questa ragione e riservo loro l’angusto spazio che meritano, inoltre sono adeguate alla miseria con cui mi dibatto nel conflitto anzidetto tra un’istanza creatrice e una contemplativa, laddove invero la seconda può svolgere su un altro livello anche le funzioni della prima ma non viceversa.

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5
Lug

Chi s’inginocchia e chi si piega

Pubblicato domenica 5 Luglio 2020 alle 22:00 da Francesco

Assisto senza troppo entusiasmo agli attuali sconquassamenti delle società occidentali, difatti essi seguono la classica circolarità che caratterizza i ricorsi storici e dunque non presentano nulla di nuovo sotto questo Sole, al cospetto del quale, immagino, per taluni sia bello pedalare. Guardo distrattamente le accese proteste di questo periodo così come, con la medesima superficialità, talora seguo l’ennesima replica di un vecchio film.
Da qualche parte è sorto l’obbligo morale d’inginocchiarsi e come al solito l’ipocrisia fa in modo che i più pavidi tra gli indifferenti ottemperino a tale diktat. In alcune etnie e culture vi è una tendenza al vittimismo che anche nelle sue istanze più autentiche viene mortificato dai secondi fini con cui qualcuno cerca di cavalcarlo per i propri scopi o per giustificare azioni sbagliate come quelle contro cui asserisce di protestare. A mio modesto parere nella quasi totalità delle società multietniche le tensioni sono destinate ad aumentare sempre di più, fino a quando non sfoceranno in un conflitto aperto, in una costante oscillazione tra la guerriglia urbana e l’orlo della guerra civile. Io non m’inginocchio per nessuno e provo un totale disprezzo per l’iconoclastia a prescindere da chi la ponga in essere. Se tutto dipendesse da me autorizzerei chi di dovere a sparare ad altezza d’uomo per difendere le statue e non già per queste in quanto tali, bensì come prova di forza e monito del potere ai suoi sottoposti. Le società umane sono intrinsecamente violente e dunque solo la grave minaccia di una punizione irreversibile può mantenerle in una relativa quiete, ma tutto ciò non sarebbe necessario se a monte prevalesse nei più una forte morale che invero è peculiarità di pochissimi popoli.
Auguro alle generazioni future pace e prosperità, ma se dovessi scommettere cinque euro sull’avvenire allora metterei il denaro su un esito nefasto, oscuro, efferato e crudele, una Babele con differenze e conflitti insanabili dove una parte della cosiddetta “intellighenzia” continuerà a negare l’evidenza in nome delle sue bieche utopie e dei suoi sordidi interessi. Detesto tutto ciò che è politicamente corretto e non mi diverte quanto gli si oppone per partito preso: le due facce della stessa medaglia.

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