26
Gen

Guthrie Govan a Roma e Fates Warning a Ciampino

Pubblicato venerdì 26 Gennaio 2018 alle 16:28 da Francesco

In quattro giorni ho assistito a due grandi concerti, entrambi svoltisi a sud delle mie attuali coordinate. Mercoledì sera ho visto per la terza volta uno dei più grandi chitarristi di sempre, Guthrie Govan, che in quest’occasione ha suonato con il gruppo fusion di Yiorgos Fakanas.
Ogni tanto invidio chi ha avuto modo di presenziare a qualche leggendario live degli anni settanta che a me è stato precluso per ragioni anagrafiche e per l’apparente unidirezionalità del tempo, ma non baratterei le esibizioni di Govan con nessuna capatina nel passato, neanche se nell’offerta fosse compreso il servizio di navetta con una DeLorean.
Domenica invece in quel di Ciampino ho preso parte al concerto dei Fates Warning, una band progressive metal che seguo dall’inizio di questo millennio e di cui non avevo mai visto una performance dal vivo. V’è stata poca affluenza di pubblico e infatti sono riuscito a stare sotto il palco per tutta la durata del live, ma quest’ultimo si è comunque protratto per quasi due ore e ha coperto buona parte della discografia del gruppo. Temevo che la tenuta vocale di Ray Alder potesse deludermi, ma è stata buona fino alla fine, ossia con l’esecuzione della sesta traccia di “Parallels”, album del 1991.
La foto ritrae me e Guthrie Govan nel 2016, quando lo vidi con gli Aristocrats: per questo scatto devo ringraziare S. V. e la memoria interna del suo smartphone.

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23
Gen

Per un’altra maratona sotto le due ore e quaranta minuti

Pubblicato martedì 23 Gennaio 2018 alle 15:55 da Francesco

Mi alleno intensamente con la consueta costanza e il mio fisico reagisce bene agli sforzi a cui lo sottopongo. In sette giorni ho corso 128km e di questi 104 a un ritmo medio di 3’51” in cinque sessioni da 20,8km ciascuna. Sto provando a velocizzarmi mantenendo però un buon carico settimanale e ho intenzione di eseguire molteplici sedute di ripetute sui mille metri. Non so ancora se il modo in cui mi sto allenando possa cagionare dei miglioramenti sensibili sulle mie prestazioni, ma per scoprirlo sono costretto a fare dei tentativi perché non ho un coach che m’istruisca né altri atleti con cui possa collaborare attivamente. Leggo, studio, m’informo ed eseguo un controllo sperimentale della previsione, un po’ com’era costume per Galileo Galilei. 
Dopo un anno ricco di soddisfazioni, nel quale i miei risultati sono andati ben al di là delle mie più rosee aspettative, ho maturato una maggiore consapevolezza dei miei mezzi, però non ho alzato troppo l’asticella degli obiettivi e di fatti per i mesi venturi me ne sono posto soltanto uno, ossia quello di correre nuovamente una maratona sotto le due ore e quaranta minuti.
Non so quanto io sia vicino ai miei limiti genetici e presumo (a torto o a ragione) di avere ancora un ampio margine di miglioramento, ma per me la corsa svolge anzitutto un ruolo importante a livello esistenziale e l’aspetto agonistico ne risulta dunque una simpatica appendice.

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19
Gen

Rimedi vinilici

Pubblicato venerdì 19 Gennaio 2018 alle 22:31 da Francesco

Nel corso degli anni questo disco è diventato uno dei miei preferiti, infatti l’ho ascoltato durante dei periodi di merda in cui s’è rivelato un potente rimedio, ma ha fatto da sfondo anche a momenti di tutt’altro tenore, quando ogni cosa ha girato per il verso giusto e gli eventi hanno reclamato le dovute celebrazioni. La mia copia in vinile è una modesta stampa del 1976.
In poco più di mezz’ora è condensato un capolavoro a cavallo tra prog e hard rock che secondo me ha una portata emotiva senza pari, anche grazie alla voce di David Surkamp.
La prima volta che ascoltai Theme From Subway Sue, la sesta traccia, dissi tra me e me: “Non c’è Robert Plant che tenga!”. Non so perché me ne uscii con quel paragone tanto improprio quanto spontaneo, ma non posso negare come tra le statistiche dei miei ascolti i Pavlov’s Dog primeggino sui Led Zeppelin da almeno un paio d’anni.
Escludo che io sia affetto da melomania, però ci sono dei dischi che nei momenti giusti riescono a sortire determinati effetti su di me: è come se avessi a disposizione una farmacopea e fossi capace, entro certi limiti, d’influire sul mio umore.

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15
Gen

Tra le faglie prosaiche e intimi recessi

Pubblicato lunedì 15 Gennaio 2018 alle 18:07 da Francesco

Continuo a fendere il tempo mentre attorno a me certe vite si comprimono come se si stessero avvicinando sempre di più alla superficie di Giove. Gli organi d’informazione emettono rigurgiti con cui dànno conto di accadimenti vomitevoli e i loro conati non sembrano mai contati, perciò le esagerazioni sono dazi che la realtà paga per la sua pallida rappresentazione.
Non sono trascinato dalla corrente degli eventi, bensì talora contemplo il suo scorrimento in uno scoramento per cui non v’è soccorrimento. Mi sono guadagnato un posto d’onore in una tribuna vuota per uno spettacolo che non c’è, ma non intendo cedere la mia poltrona per trasferirmi in una qualche messinscena. Rifuggo sempre di più dagli altrui latrati e le sporadiche aperture della mia persona sono fini a loro stesse, difatti non v’è nessuno a cui debba conferire i riguardi che siano propri di una degna accoglienza. L’isolamento mi giova oltremodo e mi consente di perorare i miei interessi in un ambiente controllato, senza troppi disturbi elettromagnetici, nella calma stagna di un modesto divenire. Mi chiedo dove si siano persi gli accorati appelli di un Io che fu e oggi capisco bene quale sia il grado di caducità che contraddistingue talune istanze di un individuo. L’inconsistenza di certi aneliti non appare sempre chiaramente benché di fatto ricopra le richieste a cui la volontà è chiamata a dare seguito, ma d’altro canto non v’è peggior cieco di chi non voglia vedere. In pochi secondi dei lampi di genio possono indurre gli occhi a voltarsi verso quanto invece brilli di luce propria. Accorro laddove gli squarci profondi di una realtà insondabile mi invitano a gettare lo sguardo, ma non riesco a presenziare a tutte le chiamate dell’ignoto e un po’ mi vergogno per l’assenza di una mia maggiore creanza.

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8
Gen

Non mi cerco fuori

Pubblicato lunedì 8 Gennaio 2018 alle 15:15 da Francesco

Da otto giorni i venti spirano intensamente sulla terra a cui appartengo e complicano un po’ i miei allenamenti solitari, ma non mi lascio turbare da quest’ostacolo eolico. Non sento affatto la pressione del futuro e non chiedo al presente più di quanto mi dia. Ho un salubre distacco da molte dinamiche di cui non desidero il giogo, ma tale lontananza rende la mia esistenza del tutto anonima e secondaria agli occhi di chiunque possa accordarmi la sua considerazione: per fortuna di codesta circostanza m’è dato di non curarmi.
Talvolta mi chiedo cosa porti in dote la più profonda empatia, il reciproco riconoscimento di sé, la complice risonanza a cui possono partecipare due soggettività che siano in grado di stabilire un ponte tra loro, ma con il tempo ho capito quanto sia ardua e pericolosa l’indagine di simili e rare forze. Ribadisco a me stesso le ragioni di rinunce inevitabili e vedo in una spiegazione cosciente il migliore antidoto contro gli aspetti venefici dello spirito di gravità, ma devo anche mettere in conto l’eventualità di un cambiamento totale dell’assetto di cui sopra.
Non mi cristallizzo nell’ingenua illusione di intenti irreversibili perché so quanto il concorso degli eventi sia in grado di annullarne la pregressa certezza. La cautela di ieri e d’oggi, un domani potrebbe giustificatamente vestirsi come un’inedita audacia, ma secondo me per dare seguito a un cambiamento del genere la volontà non basta e soprattutto le occorre la capacità di cogliere certi segnali di cui la realtà sa essere prodiga.
Una corretta lettura dei fatti e dei loro prodromi costituisce la mia massima priorità: cerco di essere presente e non riduco tale sforzo alle sole parole con cui lo descrivo. Avverto sempre più forte in me l’esigenza di versare in uno stato di consapevolezza e devo ammettere che a tale scopo la corsa mi aiuta molto, come se fosse una sorta di meditazione in movimento. Dispongo dei rudimenti per individuarmi, ma conto di affinare le mie tecniche con i responsi insindacabili che ricavo dal processo di causa ed effetto. Le parole sono azioniste di minoranza.

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4
Gen

Di gennaio

Pubblicato giovedì 4 Gennaio 2018 alle 23:46 da Francesco

Sono assiso nella mia stanza dove pareti rosse mi proteggono dalle intemperie, ma per fortuna al mio interno non ho bisogno di trovare un riparo. Ricerco con attenzione le influenze a cui espormi e non condivido nulla di profondo con nessuno, tuttavia d’un tale stato di cose non faccio né un vanto né un rammarico. Vivo un periodo della mia esistenza nel quale detengo il pieno controllo di quest’ultima, e a tal proposito le riprove sono molteplici in quanto spesso pretendo di esibirmele, però non m’illudo che d’un simile controllo io possa conservare sempre il monopolio e dunque mi attendo frangenti meno rosei: sono pronto a eventuali impatti.
Tendo ad aspettarmi il peggio dal futuro (o quanto si candidi per avvicinarvisi) e il mio, non lo nego, è un atteggiamento di comodo, ma a onor del vero non posso escludere che prospettive del tutto diverse riescano a solidificarsi in gioie tanto tangibili quanto inopinate. Non mi chiudo in me stesso in quanto non ne ho bisogno e ormai non riuscirei a farlo neppure se lo volessi, bensì mi sento come un pianeta inesplorato, vergine, quale in effetti io sono, ma al contempo in preda di anni rigogliosi e di intuizioni sempreverdi che mantengono vivibile il mio ecosistema. Non ho lune e non mi sento al centro dell’universo, ma ne faccio parte e a questa constatazione non vedo cos’altro possa aggiungere per arricchirne la banalità.
I tumulti sociali e i cambiamenti dei singoli soggetti mi passano davanti come se fossero i sottotitoli di un vecchio film: tanto per me certe rappresentazioni sono comunque mute al pari di ciò che si prefiggono di rappresentare. I miei desideri sono un po’ arrugginiti, ma può darsi che un domani io decida di prepararne qualcuno per un nuovo collaudo: vi sono meccanismi rodati su cui l’azione erosiva del tempo è lenta, talora impercettibile.

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1
Gen

Di nuovo al principio

Pubblicato lunedì 1 Gennaio 2018 alle 00:50 da Francesco

Scrivo mentre il nuovo anno emette i primi e roboanti vagiti. Vicino a me non c’è nessuno, ma in lontananza odo il battesimo del fuoco. Per me gli ultimi dodici mesi sono stati come la faccia di un dio etrusco, Giano bifronte, infatti i primi sei si sono rivolti al passato e gli altri invece hanno mirato il futuro. Sotto la guida di una potente solitudine ho ampliato le mie conoscenze, ho allargato i miei orizzonti, ho conseguito soddisfazioni vivificanti e ho fatto anche qualche buco nell’acqua, ma d’altro canto gli incidenti di percorso fanno parte del percorso stesso.
Anch’io per ragioni di comodità seguo il calendario gregoriano, ma questa volta approfitto delle sue ripartizioni per affacciarmi sul futuro prossimo con uno spirito ulteriormente rinnovato. Invero non mi aspetto molto dall’avvenire e non confido in sue inaspettate prebende: forse questo mio atteggiamento è dovuto alla capacità di farmi bastare ciò che ho già e dalla furbizia di non sprecare energie verso quanto per me risulti inarrivabile. Mi sento un equilibrista e qualche volta temo di mettere il piede male perché non di rado vedo tanti che cadono da una fune identica alla mia, tuttavia tali inquietudini riescono a serpeggiare in me allorquando la stanchezza apra loro la via regia ai recessi della mia mente: evanescenti e infondate, esse poi svaniscono, come tutto del resto, anzi, come tutto il resto.
Ho in me stimoli che si rinnovano come in un processo pluricellulare, ho la mia quota di tempo da vivere e voglio modellarla nel migliore dei modi. Non vi sono alleanze atlantiche o paesane di cui mi possa avvalere, ma già da solo costituisco una legione. Scrivo per leggermi e mi leggo per pensarmi: è così che riproduco i miei giorni senza che ne derivi troppo materiale di risulta.

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