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Il dovuto distacco che precede un opportuno ritorno

Pubblicato martedì 1 Dicembre 2015 alle 02:07 da Francesco

Nelle ultime due settimane non ho avuto molto tempo per scrivere su queste pagine, ma anche se mi fossi ritrovato nelle condizioni di dedicarmici le avrei comunque lasciate spoglie.
Sto attraversando un periodo di forti letture in cui mi alterno tra un manuale di neuroscienze e la Guida alla lettura del Libro rosso di Jung (l’opera originale l’ho già affrontata); quest’ultimo è un testo che ho cominciato a studiare appena ho finito i quattro volumi di Jung dedicati a Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Non mi crogiolo in un becero intellettualismo, bensì mi avvalgo di simili strumenti per perorare la causa del processo d’individuazione e dunque non considero uno scopo nobile il mero accumulo di nozioni.
Per sette mesi non ho corso e solo da sessanta giorni ho ripreso ad allenarmi, di conseguenza anche questo impegno fagocita il mio tempo libero, ma sono certo che prima o poi tornerò a ripartire le sabbie delle mie clessidre in modo diverso. Mi appresto a vivere la mia terza vita da maratoneta, spero la migliore, e sento in me un rinnovato entusiasmo. Sono l’allenatore di me stesso, il mio migliore amico, il mio maestro e voglio tornare a gareggiare per il gusto di farlo.
Oltre allo sport, agli studi personali e all’introspezione sto cercando di diventare un chitarrista decente e anche se questa strada per me è in salita non posso negare che mi piacciano le sue pendenze. Insomma, io mi sento ancora centrato sulla mia via e concentrato su attività che mi arricchiscono interiormente. Per quanto possibile cerco di mantenere pensiero e azione nel migliore degli equilibri. Mi trovo su un piano emotivo di particolare intensità, ma non domando rassicurazioni né pretendo vaticini infallibili.
Avverto dentro di me il risveglio di forze che sono rimaste sopite a lungo. Riesco ancora a trarre molto dalla mia esistenza, forse più di quanto abbia fatto in passato e sono pervaso da piaceri a volte semplici, altre complessi, i quali non mi dominano né tanto meno io domino loro: in altre parole si tratta di piaceri autentici a prescindere dal loro grado di enigmaticità.
La spinta e il dinamismo di cui mi sento destinatario e ingranaggio hanno nel mio immaginario un non meglio definito legame col futurismo, perciò in calce a questo appunto di vaghezze e di personalismi inserisco il manifesto di Filippo Tommaso Marinetti magistralmente (un avverbio da poco in questo caso) letto da Carmelo Bene.

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