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Esercizio di stile

Pubblicato mercoledì 16 Aprile 2014 alle 07:39 da Francesco

Avrei avuto qualche angoscia in meno se, anni or sono, la Pizia di Delfi mi avesse dato contezza della tranquillità con cui oggi procedo verso la mia terza decade.
Credo che un’esatta lettura del passato ridimensioni quelle piccolezze che un tempo parevano attentare alla vita stessa. C’è chi soccombe alla nostalgia, specialmente nelle ore in cui gli occhi dovrebbero chiudersi per sospendere lo stato di coscienza, e così i fantasmi restano ipertrofici. Non posso salvare nessuno da se stesso e, per quanto mi riguarda, un legame profondo non può che ingenerarsi tra i sopravvissuti di Mnemosine: io sono dispensato dal dovere di piacere a tutti i costi perché so che basta un cenno per riconoscersi e il resto non è di mia competenza. Sono in grado di correre cento chilometri, ma non sono capace di fare il primo passo e questa inadempienza seduttiva è spesso fraintesa come anaffettività, superbia, distacco atarassico: è invece tutt’altra cosa e in tanti altri modi ancora si presta alle incomprensioni più fantasiose. Chissà io quante volte ho interpretato male certi atteggiamenti: succede e di fatto nulla cambia. Nell’aria avverto la stramba convinzione che il valore di una vita si misuri con le attenzioni che le sono tributate ed è così che molti microcosmi restano inesplorati, ma anche l’oblio fa parte del tutto e talvolta la dimenticanza non ha né inizio né fine. Non posso confrontarmi con chi non ha dimestichezza col vuoto perché se lo facessi finirei per crearne di minori, di questo sono sicuro. Le parole cadono su loro stesse, le pose si ripetono come in un immobile parossismo, e via con la guerra degli ossimori senza l’accordo dei contrari. Gli autoritratti digitali, ribattezzati con un anglicismo, sono chiamati a convogliare forze d’attrazione, oberati dalle aspettative dell’ipnosi e sottoposti a prospettive precise, ma non ci vedo nulla di male perché ogni epoca ha i suoi vezzi e talvolta io stesso sconfino in campi altrettanto vanesi. Le critiche passano come le mode a cui si rivolgono e io non posso fare altro che passarci attraverso o esserne un convinto autore, ma né in un caso né nell’altro si sposta una virgola della realtà: tutto rimane al grado di fonazione. 

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