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Del delitto

Pubblicato giovedì 12 Luglio 2012 alle 05:32 da Francesco

Ultimamente ho deciso di rallentare il passatempo della lettura con tre libri. Non sono abituato a mantenere contemporaneamente l’attenzione su argomenti diversi e immagino di non esserne neanche in grado senza ridurre l’assimilazione dei contenuti in una frammentazione dispersiva. Tra le parole di cui mi circondo in questo periodo ci sono quelle di Manlio Sgalambro. È la prima volta che leggo qualcosa del filosofo siciliano e ho deciso di avventurarmi tra le sue riflessioni perché ho sempre apprezzato la sua impronta nei testi di Franco Battiato.
Nel piccolo libro pubblicato da Adelphi, “Del delittoâ€, ho rinvenuto delle considerazioni che hanno ricevuto una buona accoglienza al mio interno. Già sulla quarta di copertina si può trovare una bella sciabolata che mi ha strappato più di un sorriso: «â€L’uomo è mortale†non significa che “l’uomo muore†– insigne banalità concettuale –, ma che l’uomo è datore di morte». Sottoscrivo! C’è un passaggio che mi ha davvero impressionato per la potenza evocativa benché non suoni come qualcosa di straordinario: «Per quanto siano lontani tra loro, i nostri pensieri si accordano così come in un mucchio di macerie si accordano le cose più disparate». Senza eccedere troppo  con le citazioni me ne consento altre due che riciclerò all’uopo come arma d’offesa: «La volgarità del cattolicesimo ci ricorda che è una religione incarnata. […] Ciò che si può chiamare l’acme del suo glorioso materialismo è l’ansia di resurrezione». Ancora: «Quanto al cattolicesimo, non redime né salva: semplicemente l’individuo vi si conserva come le monetine in un salvadanaio». Non sempre lo stile di Sgalambro mi risulta potabile, inoltre egli si avvale di citazioni e rimandi che richiedono poliglottismo e un bel bagaglio filosofico, ma io colgo fino a dove posso e il resto lo lascio germogliare nel tempo: chissà che un domani non riesca a farlo mio con poco, come un fiore di campo. Ho notato diverse assonanze con Emil Cioran, ma forse sarebbe meglio definirle dissonanze, senza curarsi troppo delle parole, del loro significato e tanto meno del loro peso.

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