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Distanze attigue e ossimori scadenti

Pubblicato lunedì 6 Settembre 2010 alle 07:00 da Francesco

L’italiano è la mia lingua madre e queste parole nascono dall’incesto con lei. Non peso i vocaboli e lascio a terzi l’arduo compito di quantificarne la tara per ottenere una misurazione precisa che non sfori i limiti della decenza. Cosa ti suggeriscono queste parole? Noi non siamo lontani, bensì siamo lontananze. Ti arrampichi su queste pagine per guardare al di là della siepe, ma l’infinito è attorno alle nostre teste, mica dentro. La tua costanza è ammirevole, il tuo seno invece appare manchevole. I minorati adorano le maggiorate. Sì, mentirei spudoratamente se negassi la ricorsività della tua immagine idealizzata tra le oscillazioni spontanee del mio pensiero.
A turno potremmo ritenerci dei donatori di sangue incompatibili malgrado l’alto tasso d’affinità e comunque, al riguardo, restano svariati dubbi che soltanto degli esami più accurati potrebbero dipanare. Il nostro interesse reciproco è tacito, ma nessuno dei due è un ventriloquo e questo non è un problema di poco conto. Mi piace il tempo perché risolve ogni cosa senza ammettere mai alcun ritardo e tutto sommato credo che i suoi metodi draconiani siano accettabili. Destinata alla dimenticanza della memoria a lungo termine, ecco la probabile fine della simpatia a cui la mia indole manichea e la tua accondiscendenza non sanno trovare una sistemazione migliore. Ho già assistito ad altre evanescenze di questo tipo e ormai ho imparato a considerarle delle aurore boreali dalla frequenza minore. Spirino pure i venti solari e sotto di loro sospiri chiunque lo voglia fare. Non mi sottraggo alle sensazioni né sfuggo dall’ammissione della loro presenza e non contemplo neanche l’opzione di combatterle per accontentare le rimostranze dell’orgoglio infantile. Panta rei, nei secoli dei secoli.

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