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Dieci massime per una nenia

Pubblicato martedì 27 Luglio 2010 alle 08:51 da Francesco

Certe volte mi trovo proprio buffo e mi derido senza cattiveria. Sono così preso da me stesso che dovrei denunciarmi per molestie. Qualche volta un calo dell’attenzione mi fa inciampare nella bottega di sculture introspettive che gestisco a tempo perso. Di solito le opinioni altrui non influenzano le mie scelte, però alcune offrono degli spunti interessanti e ce ne sono altre, piuttosto rare, la cui brillantezza può persino illuminarmi. Non sono un razzista, perciò cerco di ammettere anche i torti e le loro spose: le scuse. Al momento non ho nulla da farmi perdonare e neanch’io ho questioni aperte che possano essere chiuse con un atto di clemenza da parte mia. Se fossi cristiano potrei aspirare a un posto in purgatorio con vista sull’inferno. Se avessi un pargoletto non gli leggerei mai le favole dei fratelli Grimm, bensì mi affaccerei sulla sua culla con un’espressione sardonica per recitare qualche aforisma da “Sillogismi dell’amarezza” di Cioran.
Il primo mi suona come una verità concisa: “Nessuno può vegliare sulla propria solitudine se non sa rendersi odioso”.
Il secondo trova conferma nella mia esperienza personale: “Si scopre un sapore ai propri giorni soltanto quando ci si sottrae all’obbligo di avere un destino”.
Il terzo descrive una delle mie personalità passate: “Ancor più che una reazione di difesa, la timidezza è una tecnica, indefinitamente perfezionata dalla megalomania degli incompresi”.
Il quarto l’adoro per la sua forza espressiva: “La leucemia è il giardino in cui fiorisce Dio”.
Il quinto non mi stancherei mai di leggerlo: “A che pro disfarsi di Dio per ricadere in sé stessi? A che pro questa sostituzione di carogne?”.
Il sesto mi commuove: “In questo universo provvisorio, i nostri assiomi hanno soltanto un valore di cronaca”.
Il settimo lo condivido pienamente: “Niente inaridisce una mente quanto la ripugnanza a concepire idee oscure”.
L’ottavo per me è un inno alla gioia sotto mentite spoglie: “Mescolanza di anatomia e di estasi, apoteosi dell’insolubile, alimento ideale per la bulimia della delusione, l’Amore ci guida verso bassifondi di gloria…”.
Il nono si commenta da sé: “L’uomo secerne disastro”.
Il decimo lo sento mio, ma non in chiave pessimista: “Vago attraverso i giorni come una puttana in un mondo senza marciapiedi”.
Buona notte piccolo, dormi bene.

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