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La cavalcata della soavità

Pubblicato lunedì 25 Febbraio 2008 alle 10:54 da Francesco

Ultimamente allungo il mio percorso podistico per godermi l’attraversamento di un tratto di spiaggia e di conseguenza concedo al sole possibilità di indorare le mie impronte sabbiose. Talvolta sulla strada del ritorno passo in mezzo a un breve nebbione e per qualche minuto mi sembra di trovarmi in un’atmosfera mistica nella quale vorrei perdermi per diverse ore. Mi piace correre e mi sento appagato quando mi lascio alle spalle un bel novero di chilometri. La fatica salutare concede al corpo l’occasione di giacere in un riposo paradisiaco e l’appagamento che ne segue è una ricompensa abbondante. La solitudine indossa un abito estatico quando mi accompagna nelle escursioni e in quei momenti non posso fare a meno di venerarla come una dea. Penso che ogni uomo ricopra un ruolo fondamentale per il proprio equilibrio e adoro ogni esistenza che presenti delle sfumature stoiche, ma le mie lodi maggiori sono sempre per la vita e per le ambivalenze apparenti che la compongono. Mi sento bene e il mio vigore è stabile. Spero di vivere a lungo, ma anche se dovessi defungere domani o se mi ammalassi gravemente non mi potrei lamentare della mia esistenza. Il passaggio del tempo porta via il mio presente, ma in compenso mi allenta i paraocchi e per questo motivo mi ritengo fortunato. Custodisco qualcosa che non può essermi tolto e che non ha alcuna somiglianza con le fedi flatulenti delle religioni.

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