26
Mar

Archivio onirico: sogno n° 34

   

Pubblicato martedì 26 Marzo 2024 alle 20:59 da Francesco

Ciò che ricordo di questo sogno può essere diviso in due parti. Nella prima mi trovo a bordo su un volo di cui non conosco la destinazione, ma provo un certo disagio. A un certo punto l’aereo comincia a volare molto basso, entra in una galleria e tocca terra per fermarsi davanti a un passaggio a livello. A questo punto noi passeggeri scendiamo ed entriamo in una sorta di hotel dove ci viene offerto del cibo che io rifiuto: il mio viene mangiato da un cane, forse un alano.
Nella seconda parte mi trovo in un luogo della mia infanzia, ma nel sogno vi è stata eretta una struttura molto pacchiana che impedisce di vedere l’orizzonte. Da una parte ci sono persone a me invise e dall’altra dei turisti: ai primi dico che vado dai secondi per organizzare una partita di calcio, ma nessuno vuole giocare e così finisco ritrovarmi a mangiare un dolce da solo.

Il materiale è molto e temo che ogni mia possibile interpretazione sia destinata a risultare più deficitaria del solito, ma vale comunque la pena tentarne una.
A mio parere è un sogno in cui giocano un ruolo preminente polarità opposte, come l’altezza iniziale dell’aereo (qualcosa di celeste ed elevato) e l’atterraggio impossibile in una sorta di tunnel (qualcosa di terreno), ma in questo senso figurano anche la presenza di due diversi gruppi di individui e la mia volontà d’unire in contrasto con l’altrui indifferenza.
Secondo la mia lettura queste immagini vogliono significare che ogni mio alto proposito debba essere perseguito da solo, difatti l’azione collettiva (fare parte dei passeggeri in un aereo, come se l’aereo fosse il simbolo di una causa comune) mi porta in basso (la galleria) e mi fa disprezzare quello che ne consegue (il cibo a cui dico no). La medesima spiegazione si presta all’altra parte del sogno, in particolare per l’orizzonte obnubilato da un’orrenda costruzione che vivo come un pugno in un occhio. In buona sostanza non c’è nulla d’importante o realmente appagante che io possa fare insieme a terzi. Ammesso che la mia analisi abbia una qualche fondatezza, mi chiedo come mai l’inconscio abbia mostrato simili contenuti giacché mi paiono nient’affatto sommersi.

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21
Mar

In mezzo e per mezzo di altro che è altro da me

   

Pubblicato giovedì 21 Marzo 2024 alle 00:55 da Francesco

Non so se l’equinozio di primavera me l’abbia voluto portare in dote o se io vi sia incorso a circa cinquecento metri sopra il livello del mare, quota a cui sono assurto quest’oggi correndo, ma colgo nell’aere un certo entusiasmo che sento e faccio mio. Non importa se gli eventi mi arridano o mi siano avversi, ma nell’attuale punto del calendario gregoriano provo sempre un senso di rinascita e rigoglio, come se una forza archetipica, antica quanto il mondo stesso, agisse su di me; come se? Invero io credo che sia proprio così.
Ne consegue che in questo periodo non posso allestire spettacoli endogeni in cui lo spleen sia un convincente protagonista. Mi domando come l’inconscio individuale e collettivo inneschino una simile dinamica, però mi accontento d’intuire il loro ruolo di primo piano e non pretendo di sapere più di quanto sia in grado di comprendere. Cerco di adeguarmi alla forma del tempo corrente e alle sue proprietà transitorie, nella viva speranza che mi riesca sempre meglio fino all’ora della mia morte. Ho educato me stesso al pessimismo, al disincanto, all’ironia caustica, alla decostruzione e al registro grottesco, tuttavia in questa notte di marzo mi sembra che nulla possa andare storto: irreale e quindi magico questo mio sentire.

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11
Mar

Archivio onirico: sogno n° 33

   

Pubblicato lunedì 11 Marzo 2024 alle 22:24 da Francesco

Non sono in grado di dare una composizione organica ai frammenti onirici che quest’oggi, al risveglio, ho avuto modo di trafugare nello stato vigile, tuttavia ci sono due episodi significativi ai quali attribuisco un fil rouge.
In una prima parte del sogno mi trovo a bordo di un’auto con degli estranei e all’improvviso avviene un incidente che ci coinvolge; in un momento successivo mi trovo all’aperto, vicino a una donna malata attorno alla quale presenziano altre persone oltre a me.
Non mi è facile capire il simbolismo di queste scene giacché  si prestano a letture d’opposta polarità ma egualmente plausibili. A mio parere una possibile spiegazione dai risvolti negativi implica un avvertimento per l’imminenza di eventi nefasti, un tetro monito per fatti che mi soverchieranno e per i quali non potrò fare niente: nel sogno alla guida dell’auto non ci sono io e questo dettaglio a mio avviso indica l’impotenza di fronte a possibili difficoltà; la donna morente, in quest’ottica, può rappresentare una perdita di qualunque genere.
Un’altra lettura, anch’essa esiziale, può esprimere un’ansia latente o un disagio sopito che l’inconscio manifesta in questo modo poiché la tenuta della mia psiche ne impedisce l’ingresso nella vita vigile.
Reputo valida anche l’ipotesi che inquadra il sogno come accettazione e catarsi per qualcosa su cui non ho avuto possibilità d’intervento, perciò durante il sonno l’inconscio può aver sbrigato quei lambiccamenti su cui io non mi sono speso a sufficienza da sveglio: se così fosse, le scene oniriche sarebbero riverbero del passato e non cassandre per l’avvenire. Solo il tempo saprà dir meglio sul sogno in esame e dunque non mi resta che attenderne il verdetto.

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10
Mar

Dischi usati, dischi fortunati

   

Pubblicato domenica 10 Marzo 2024 alle 21:56 da Francesco

Come ai vecchi tempi, che invero per me sono ancora attuali, ieri pomeriggio mi sono recato presso una piccola fiera del disco e là mi sono perso tra copertine, prezzi, valutazioni, discorsi, acquisti e curiosità. Ormai sono molto selettivo nei miei acquisti musicali, un po’ per questioni di spazio e un po’ per risparmiare, inoltre non sono un collezionista e compro solo ciò di cui poi fruisco davvero. Subisco ancora la fascinazione del vinile, ma ciò non m’impedisce di riconoscere i difetti del formato oltre ai suoi pregi: nei miei gusti prevalgono i secondi. Insomma, quanto segue è ciò che mi sono portato a casa dopo circa un’ora di opportuno e scrupoloso diggin’ tra i banchetti dell’usato:

Gamma 3 dei Gamma, 1982, ottimo album (per me un pelo sotto Gamma 2) per la presenza di Ronnie Montrose alla chitarra: dieci euro.

Between Nothingness And Eternity della Mahavishnu Orchestra, 1973, un eccelso live fusion di John McLaughlin e soci in stato di grazia: cinque euro.

Straphangin’ dei Brecker Brothers, 1981, altro notevole album di fusion, ma tanto quando ci sono di mezzo Michael e Randy Brecker vado sempre sul sicuro: cinque euro.

Tarkus di Emerson, Lake & Palmer, 1971, un pilastro consumato in digitale e CD, ma per un difetto sulla copertina (il disco suona bene) l’ho trovato a un prezzo assurdo e non me la sono sentita di lasciarlo orfano: cinque euro.

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8
Mar

Se…

   

Pubblicato venerdì 8 Marzo 2024 alle 21:16 da Francesco

Se volessi lasciare un segno mi armerei di bomboletta spray e scriverei lettere in wild style su un un muro perimetrale. Se avessi completato il processo d’individuazione lascerei il corpo di mia sponte senza lasciare biglietti d’addio. Se non facessi esercizi di respirazione l’esistenza mi puzzerebbe, ma se fossi cremato sul Gange non sentirei la puzza di bruciato né il rumore delle acque sacre. Se non fossi qui forse non sarei nemmeno altrove. Se avessi fatto certi vaccini forse avrei anticipato la data della mia morte improvvisa.
Se non ci fossero dubbi ci sarebbero certezze, però si possono produrre le seconde a discapito dei primi e se così dev’essere, così sia: amen. Se in questo momento potessi creare qualcosa dal nulla, allora ex nihilo creerei una pizza napoletana con cottura a legno. Se avessi saputo prima determinate cose oggi non avrei motivo di collocarle in un periodo ipotetico. Se domani non avessi niente da fare ripeterei la giornata d’oggi e ne sarei lieto. Se non esistesse il tempo forse non varrebbe la pena inventarlo. Se volessi bene a qualcuno non sarebbe un problema. Se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola e se quest’ultimo non fosse stato un classico non l’avrei scritto alla fine.

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4
Mar

Si va

   

Pubblicato lunedì 4 Marzo 2024 alle 15:09 da Francesco

Già sento l’incedere della primavera benché rovesci e forti venti provino a nasconderne i precoci indizi. Non so se la stessa intuizione spetti a quanti vedano i cieli solcati dai missili, ma io dimoro ancora in una relativa pace esteriore che agevola quella endogena. Suppongo che le cose siano più semplici laddove i palazzi restano in piedi e gli ordigni non scoppiano a sorpresa in mezzo alle strade, tuttavia potrei cambiare opinione se mi ritrovassi in mezzo a una guerra e finissi per apprezzarne il clima d’instabilità: d’altro canto l’ipotesi non è così peregrina. 
A volte mi pare di vivere in un mondo parallelo sebbene io non faccia nulla per negare la realtà che mi circonda, però mi adopero affinché quest’ultima non mi accerchi troppo. Non pongo in essere strategie difensive, bensì il più delle volte mi limito a non dare peso a quelle circostanze che possono averne uno solo a condizione che io ci metta la tara. Alcuni problemi s’ingenerano da soli e si riproducono come in una sorta di mitosi, ma altri, forse i più, credo che richiedano l’attiva partecipazione di chi vuole complicarsi la vita: la mia indole non è autodistruttiva.
Cosa fare del tempo che mi rimane sul piano della materia? Chiudere le imposte a certe velleità e pagare quelle dovute, ma al contempo coltivare le passioni e gli interessi con cui veleggio da anni in questa mia parentesi mortale. Finora le acque più belle e cristalline per me sono state quelle solitarie e calme. Buona fortuna ai naviganti.

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1
Mar

Archivio onirico: sogno n° 32

   

Pubblicato venerdì 1 Marzo 2024 alle 14:36 da Francesco

Era da circa un paio d’anni che non riuscivo a trattenere nelle memoria elementi sufficienti per annotare un sogno, ma la scorsa notte ne ho fatto uno molto vivido che la lasciato alcune tracce nel mio stato vigile.
Nel sogno mi trovo disteso in un corso cittadino e accanto a me ci sono delle persone, anch’esse a terra. Capisco che la nostra posizione è dovuta alla minaccia delle armi, difatti siamo tenuti sotto tiro da alcuni banditi. Nel gruppo di criminali è presente anche una ragazza vestita con eleganza che d’un tratto, per intimorirmi, spara con un fucile da cecchino mentre dice: “Facciamo il tiro al piattello”. Dopo quest’ultimo colpo mi alzo in piedi e scatto via perché con la coda dell’occhio la vedo intenta a ricaricare, tuttavia lei fa in tempo a esplodere un altro colpo che non mi raggiunge. Riesco a trovare riparo in un edificio e a quel punto mi sento sollevato, però provo una pena per gli altri che sono rimasti alla mercé dei criminali.

Credo che l’origine di questo sogno sia da ascrivere alla fine di un epistolario platonico che è intercorso per un po’ di tempo tra me e una signorina. Vi è un’evidente ambiguità perché, da una parte provo sollievo quando trovo riparo e ottengo una relativa sicurezza, ma dall’altra avverto un senso di pena per chi è rimasto indietro, ossia quegli ostaggi che secondo me rappresentano delle mie istanze psichiche ancora legate al rapporto platonico.
A mio parere la dinamica ricattatoria è stata affibbiata dal mio inconscio alla situazione giacché veniva da me esperita in quella maniera, ma ciò non implica che lo fosse realmente. Salvarsi da soli e l’impossibilità reale o presunta di conoscersi a vicenda: in ciò ravviso l’essenza del sogno.

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22
Feb

La parte maledetta di Georges Bataille

   

Pubblicato giovedì 22 Febbraio 2024 alle 18:21 da Francesco

Nelle frequentazione postuma e cadaverica col pensiero di Georges Bataille ho trovato una certa consonanza, ma anche un ulteriore amico d’avello. Più che le carni, a me strappa un sorriso e un cenno d’assenso la sua visione della manducazione, della riproduzione sessuata e della morte come dei lussi: la prima perché evidenzia la maggiore complessità della catena alimentare ed energetica negli animali onnivori, la seconda in analogia col fenomeno della scissiparità e l’ultima, la morte, intesa quale maggiore tra i lussi in quanto dispendio rivelatore e trascendente. La cornice ovviamente non è quella della morale: è questione altra.
A mio parere ancor oggi si dimostra audace e suggestivo il concetto di dépense, così come attuali sono le implicazioni politiche ed economiche di cui è portatore, ma per me risultano più stimolanti le sue premesse etnografiche e la conclusione di Bataille col senso d’appartenenza a un certo misticismo. Mi vedo già fare un uso improprio anche di questo impianto speculativo per rivendicare e celebrare le beate distanze dai peggiori gravami dello zoon politikon.

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20
Feb

White Marble Marathon 2024

   

Pubblicato martedì 20 Febbraio 2024 alle 18:26 da Francesco

Secondo me la domenica è un giorno da golpe, ma in quella appena trascorsa io ho finito per correre la mia quarantatreesima maratona, la trentesima sotto il muro psicologico delle 2 ore e 50 minuti. È stata anche la mia cinquantesima gara di lunga distanza (nel novero vi sono anche sette ultra). Me la sono presa “comoda” perché sono partito per farla a mo’ di allenamento, quindi con un’andatura tra i 4’ e i 4’02”/km, ma alla fine è venuto tutto un po’ più veloce come nei decorsi infausti. Il tempo finale è stato di 2 ore, 47 minuti e 38 secondi, ossia 3’58”/km: ottavo assoluto e un primo posto di categoria che non significa niente, assolutamente nulla, proprio zero, però la targa ha un design grazioso.
Nelle mie due precedenti partecipazioni alla White Marble ero riuscito a finire tra i primi cinque, quindi con modesti premi in denaro che non ho mai potuto ricevere perché ero, sono e sarò una Runcard, ovvero un atleta senza una squadra federale.
La mia condotta di gara è stata tranquilla e mi sono divertito assai. Ho girato lievemente più lento nella seconda parte del percorso, nondimeno sono riuscito a recuperare diversi atleti che forse erano partiti troppo forte.
Per l’occasione ho indossato l’ottima canotta regalatami dal caro Emidio dell’Aurora Montale, perciò è a lui che dedico questa mia prestazione.

Qui i risultati: https://www.endu.net/it/events/white-marble-marathon/results

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13
Feb

Belligeranze

   

Pubblicato martedì 13 Febbraio 2024 alle 19:56 da Francesco

Mi sintonizzo sulle basse frequenze di questioni terra terra e sulle stesse potrei cominciare a scavare la fossa altrui prima di pensare alla mia, ma tenendo a mente che anche i becchini verrano seppelliti. Le guerre sono un po’ come le ciliegie, una tira l’altra mentre tutti si tirano addosso, però dei morti si fa una fredda conta a meno che non contino davvero per chi ne giudichi l’importanza.
L’ingresso nell’empatia degli altri è a numero chiuso, come in certe facoltà universitarie, quindi le vittime devono presentare determinati requisiti: è richiesta loro la patente di perseguitati, hanno sempre l’obbligo delle catene e non solo d’inverno, devono essere munite di tratti in cui la giuria si possa rispecchiare e poi, affinché venga sposata, la loro causa deve portare in dote un senso di eroismo che sia fruibile a parole.
Le guerre combattono tra loro per decidere quali siano le più gettonate e per gettare le altre nel dimenticatoio geopolitico. I conflitti minori, dove comunque i minori crepano, finiscono in un cesto delle offerte per i collezionisti d’ossa. Il pacifismo è sempre la moda del momento, il gran galà con le buone intenzioni al guinzaglio, ma la pace è una questione di convenienza anche se viene spacciata per convinzione: la vaga assonanza della seconda imbelletta la prima, proprio come accade nell’import-export della democrazia.
In ogni conflitto bellico posso simpatizzare per una parte in ragione di criteri arbitrari, una scelta à la carte di convenienza, tuttavia coloro che io sostengo davvero sono i disertori di ambo le fazioni. La prospettiva di una guerra su larga scala ha fatto tornare in auge l’articolo 52 della Costituzione con il suo roboante incipit: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Secondo te, signor Stato, vado a farmi ammazzare per te e per il tuo concetto anacronistico di patria? Nel 2024, la patria? Dov’è? Non ho mai avuto il milite ignoto come beniamino.
Ti vedo male in arnese signor Stato e se fossi in te non farei troppo affidamento sui coscritti, me compreso. Rifatti i conti. Le cose cambiano, le cartine geografiche si aggiornano, le lingue si evolvono, gli imperi cadono. L’Europa non si chiamerà così per sempre, nell’attuale Italia non si parlerà italiano fino alla fine dei tempi e l’egemonia mondiale, prima o poi, penderà da un’altra parte. Stacce, signor Stato.

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